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Politica

Il recluso indagato per omicidio in passato era stato dichiarato per due volte semi infermo di mente si è trincerato dietro il silenzio e ha solo detto, "non mi lasciava dormire"
2 minuti e 21 secondi di lettura
di Michele Varì

GENOVA -In un carcere come Marassi si può essere uccisi nel sonno anche semplicemente perché quando si dorme si russa: l'inquietante retroscena sta emergendo dalle indagini avviate dai poliziotti della squadra mobile titolari delle indagini sull'omicidio del detenuto Roberto Molinari, 58 anni (nella foto a destra), originario della Spezia, ammazzato con ferite alla testa forse procurate con uno sgabello rinvenuto sporco di sangue. Sotto accusa per omicidio volontario il compagno di cella, Luca Gervasio, 48 anni (a sinistra), originario di Cagliari, unica persona presente quando gli agenti della polizia penitenziaria alle 11 di ieri hanno scoperto il cadavere nel letto della cameretta.

Gervasio ai poliziotti della sezione reati contro la persona che conducono le indagini ha detto che il compagno di cella lo infastidiva russando, ma non ha mai ammesso il delitto e sembra essersi chiuso in un silenzio assoluto, come in tranche.

L'uomo in passato era stato dichiarato seminfermo di mente per due volte. Per questo era nella sezione particolare destinata ai detenuti problematici, che prevede solo due persone per cella proprio per limitare eventuali comportamenti violenti. Una convivenza su cui si stanno incentrando le attenzione degli inquirenti. La prima verifica è sul tipo di sorveglianza che necessitavano reclusi con problemi come la vittima e il carnefice dell'omicidio. Non solo, pare che Gervasi avesse appena pochi giorni fa già aggredito Molinari. Dunque i  due dovevano quantomeno essere controllati in modo più adeguati.


Il magistrato titolare dell'indagine Gabriella Marino come da prassi ha disposto l'autopsia sul cadavere della vittima che sarà svolta nei prossimi giorni dal medico legale Francesco Ventura, lo stesso specialista che ha effettuato il primo sopralluogo nella cella dopo la scoperta del delitto. 

 
Il presunto assassino, come la vittima, è in galera per un cumulo di pene per altri reati minori commessi in passato. Gervasio aldilà dei delitti commessi, uno degli ultimi è stato il furto di una confezione di lasagne al forno in una gastronomia di Monterosso, nello Spezzino, era stato rinchiuso nel carcere di Marassi con un ordine di carcerazione perché è ritenuto un soggetto molto violento, forse il vero movente dell'omicidio del compagno di cui viene ora accusato.
Le indagini degli investigatori della squadra mobile coordinati dal  primo dirigente Gianfranco Minissale proseguono ascoltando la testimonianza di altri detenuti e di  alcuni agenti penitenziari della sesta sezione dove è avvenuto il delitto.
 
A difendere l'indagato è l'avvocato d'ufficio Simone Bertuccio, che ha programmato di incontrare entro domani il suo assistito in carcere "solo allora potrò delineare la linea difensiva".
 
La vicenda riporta di attualità le polemiche sull'utilizzo della pena detentiva in carcere per persone non violente che hanno problemi psichiatrici come Molinari, la vittima,  che doveva essere protetto da una persona invece violenta come l'uomo che l'ha assassinato solo perché lo infastidiva quando dormiva. Per questo sulla tragedia potrebbe avviare accertamenti e indagini interne anche il provveditorato delle carceri e lo stesso Ministero della Giustizia.
 

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