Quella che si sta consumando negli ultimi mesi è una trattativa senza sosta e che proseguirà ancora, fino a quando non verrà trovato un accordo per salvare Acciaierie d'Italia. La soluzione conclusiva sembra ancora molto lontana: l'incontro tecnico che si è tenuto nella giornata di ieri (giovedì 4 gennaio ndr) è risultato propedeutico all'appuntamento di lunedì prossimo, 8 gennaio, quando il governo si dovrebbe confrontare con Lakshmi o Aditya Mittal.
Sul tavolo rimane salda l'ipotesi che il socio pubblico diventi maggioranza nell'ex Ilva, passando dall'attuale 38% al 60%, tramite la conversione del prestito obbligazionario da 680 milioni di euro erogato l'anno scorso.
Tra le ultime novità che stanno circolando anche quella che Invitalia potrebbe superare il 60%, qualora ArcelorMittal non fosse disponibile a sottoscrivere la ricapitalizzazione da 320 milioni di euro, indispensabile all'azienda per scongiurare il rischio fallimento. All’ultimo incontro hanno preso parte l’ad di Invitalia, Bernardo Mattarella, e il responsabile fusioni e acquisizioni di ArcelorMittal, Ondra Otradovec.
Al centro del confronto l'obiettivo di analizzare i vari aspetti tecnici, finanziari e di governance che saranno sul tavolo dell'incontro con il governo. L'ottica è quella di un intervento che garantisca continuità aziendale e operativa alla società.
L'esecutivo di Giorgia Meloni ha ribadito in più occasioni, ai segretari di Fiom Cgil, Fim Cisl e Uil, l'intenzione di garantire la continuità aziendale, un'intenzione che potrebbe poi tradursi con la presa in carico di tutti i 320 milioni di euro, qualora la multinazionale franco-indiana non fosse più disponibile a versare la propria quota. Ipotesi molto più che plausibile.
La situazione dell'ex Ilva è sempre più precaria e preoccupante, la società, tra le altre cose, non riesce a pagare le bollette del gas. A questo si aggiunge il grande interrogativo sul futuro dell'acciaio e dei lavoratori, che rischiano sempre di più il posto di lavoro. Le prospettive di Taranto da una parte, le difficoltà dei poli siderurgici del Nord d'Italia dall'altra, in primis lo stabilimento di Genova Cornigliano, dove gli operai continuano a essere sul piede di guerra, in attesa di risposte.