GENOVA - Dal ruolo del Partito Democratico negli ultimi anni in Liguria alla maxi inchiesta che si è abbattuta sulla Regione, passando per il cosiddetto campo largo tutto da costruire. Così Simone D'Angelo analizza, a 360 gradi, quello che sta accadendo in Liguria. Il segretario metropolitano del Pd, che oramai da anni lavora alla rinascita dem, in una città che da sempre è stata un fortino rosso ma che ha prima perso aderenza sul territorio, per poi essere tacciato di snobismo, non rinnega il "calvario" del partito, ma rivendica la sua "democraticità", profonda. Nonostante le difficoltà degli ultimi tempi, da quanto il partito è dovuto ripartire dai circoli e dai territori per riacquisire quella credibilità che si era in parte persa. E per farlo rigetta al mittente qualsiasi vicinanza con una parte di quel mondo imprenditoriale, vicino agli ambienti del porto, oggi al centro della maxi inchiesta ligure.
"Con i segretari abbiamo ritenuto di spiegare il valore aggiunto del Pd (si riferisce alla lettera inviata dai segretari dei circoli a Primocanale dopo l'editoriale del direttore Matteo Cantile ndr), LEGGI QUI LEGGI QUI che è quello di non avere uomini e donne che incidono sul destino di un'organizzazione politica, bensì di avere 17 mila elettori in questa città che hanno eletto democraticamente il proprio segretario nazionale un anno e mezzo fa, Elly Schlein - commenta il segretario dem di Genova Simone D'Angelo -. Il Pd è l'ultimo partito, l'unico, che sceglie la democrazia partecipativa e che vota i suoi organismi. E quindi rimandiamo al mittente, a chi da non iscritto ha millantato attività di condizionamento del Partito Democratico, per sua natura il Pd non è condizionabile se non da decine, centinaia, migliaia di militanti ed elettori". E mentre la vicenda giudiziaria farà il suo corso, dentro e fuori i partiti, all'interno del consiglio regionale si è giocata la partita della mozione di sfiducia nei confronti del presidente (sospeso) Giovanni Toti, che rimane in sella, almeno per il momento. "Siamo di fronte a una situazione unica nel suo genere - sentenzia D'Angelo -, perché non esiste nessuna possibilità di decidere nemmeno se tutto tornasse pienamente operativo. Si tratta di una discussione istituzionale, non politica e giudiziaria, e l'unica via d'uscita per tornare a dare un senso alle istituzioni è la strada del voto".
Alla finestra intanto, restano tutti i partiti, dai principali a quelli più piccoli, perché il 10 giugno non sarà solo il giorno dello spoglio, ma anche della verità. Fratelli d'Italia per la conferma, una sorta di referendum sul gradimento della premier Giorgia Meloni, il Partito Democratico per il riscatto, soprattutto nella Regione e nel capoluogo dove Elly Schlein vinse, anche nei circoli. E che la sfida nelle urne non parlerà solo la lingua europea, ma anche e a maggior ragione quella ligure, lo conferma lo stesso segretario dem. "Le Europee sono determinanti per l'Europa, che in questi anni è stata indebolita nella sua capacità di generare integrazione, ma non possiamo negare che avrà un riflesso anche a livello nazionale e locale - spiega D'Angelo -. Non sarà secondario per le Regionali future, perché il Pd deve riuscire a essere primo partito, sia a Genova che in Regione, perché solo lui può costruire un campo alternativo a Genova e in Liguria". Segretario, se il Pd sarà primo partito a Genova, questo potrà avere un peso diverso sulle scelte future, magari anche in vista della candidatura alla presidenza della Regione? "Genova per la Liguria rappresenta tanto, i 2/3 dell'economia ligure e quasi la metà della popolazione. In questi anni quella crisi di identità della città capoluogo ha creato condizionamenti negativi sulla prospettiva futura, ridare futuro a Genova significa darlo a tutta la regione. Il risultato nella città capoluogo segnerà la temperatura su quello che deve essere il ruolo politico e della città nel campo di alternativa alle destre, che dovremo costruire, il futuro passa da qui perché in questi anni è un po' mancato".
Ma una forza notevole arriva dagli estremi della Liguria, da quel territorio spezzino, rappresentato dal segretario regionale Davide Natale e dal deputato e già ministro Andrea Orlando. Quest'ultimo, al momento, è tra i papabili candidati alla presidenza della Regione. Forse, come caldeggiato da più parti, potrebbe servire uno scatto in avanti da parte del Pd genovese. Nonostante i rapporti, e lo sa bene il segretario D'Angelo, si muovano sempre sul filo del rasoio all'interno dei dem. "Quello di Orlando è un nome autorevole, ma vorrei fare un ragionamento più ampio: alla crisi del centrosinistra e del Partito Democratico in questa città ha corrisposto la crisi del centrosinistra e del Pd con i settori di riferimento storici della sinistra - ribadisce Simone D'Angelo -. La rottura con il mondo del lavoro ha rappresentato un problema per la formazione di nuove figure, nuovi dirigenti e nuovi candidati, autorevoli e credibili. Il Pd ha fatto tanto per tornare al centro del dibattito e costruire relazioni necessarie per dare risposte e volti, il nome del candidato sarà oggetto di una discussione più ampia di quella interna al Pd che vada oltre le forze politiche, spesso si parte dalla tattica ma qui bisogna partire, vista la situazione che sta vivendo la Regione, con dati e contesto, capacità di costruire alleanze sociali dove il candidato sia espressione di un qualcosa di più delle forze politiche. Rappresenti un impegno civico, sociale ed economico capace di chiedere riscatto".
Questo però, non significa che si andrà a cercare il cosiddetto civico, alla Sansa o alla Dello Strologo (i risultati infatti non furono positivi in nessuno dei due casi ndr), perché servirà una responsabilità politica per affrontare una nuova (possibile) era. "Non penso esistano candidati civici, ma solo senza tessera di partito - aggiunge D'Angelo -. Serve una figura autorevole, partirei da un ragionamento su chi può rappresentare un volto diverso e capace di rilanciarsi e di rilanciare il lavoro fatto da anni a Genova". E ogni riferimento è puramente casuale, a un Pd che negli ultimi anni ha dovuto imparare a fare l'opposizione e a ricostruirsi, dopo anni di governo e di amministrazione.
Esiste poi un ultimo tema, quello per certi aspetti è il più dirimente di tutti, ed è quello che parla politichese, ma non troppo. Alleanze, coalizioni, parole che solo a pronunciarle, per i politici progressisti, provocano cardiopalma. Simone D'Angelo, il sindaco Sala ha detto che si vince con il centro, grazie al centro, e allora le chiedo: i partiti cosiddetti centristi devono essere della vostra partita? "Il mondo moderato nei toni tanto moderato non è, sia Calenda che Renzi rappresentano uno strano concetto di centro. Io credo che si debba convogliare sulla proposta più credibile: tutte le forze politiche che si sentono alternative alla gestione di questa regione degli ultimi dieci anni devono abbandonare il dibattito stucchevole, tra rapporti deteriorati negli anni, con scelte e imbarazzo, ma mettere in campo un atto di coraggio. Bisogna quindi mettere da parte rancori e difficoltà, ma anche tatticismi, scegliere proposte, temi e contenuti e capire chi ci sta, se ci stanno le forze sociali, civiche e politiche dal centro alla sinistra, questa sarà la cosa migliore per essere competitivi a livello elettorale". E la sfida, è solo all'inizio.