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Politica

Alle Regionali, nel capoluogo ligure, il centrosinistra era in vantaggio con 8 punti percentuali in più, pari a quasi 19 mila voti
3 minuti e 26 secondi di lettura
di Giorgia Fabiocchi

La politica è teoria, parole, confronto, ma spesso è anche numeri, dati che scottano. E dai quali, dopo l'analisi, ripartire. Così, di acqua sotto i ponti - dopo il 27 e 28 ottobre scorsi - ne è passata come si suol dire, anche se le percentuali restano e il distacco (genovese) tra le attuali maggioranza e opposizione anche.

Il "peso" della distanza

La sconfitta al fotofinish di Andrea Orlando contro l'outsider Marco Bucci, chiamato a settembre dalla premier Giorgia Meloni e soprattutto convinto a giocarsi le proprie carte per piazza De Ferrari, ha aperto nuovi scenari, nel calcolo matematico di una sfida tutt'altro che scontata tra i due competitor e le principali coalizioni. L'ex sindaco di Genova ha sconfitto per poco più di un punto percentuale (pari a quasi 8 mila voti) Andrea Orlando, la sua campagna elettorale veloce ma intensa ha trovato i riscontri migliori fuori dal perimetro genovese, dove invece, se non si è parlato di debacle, poco ci è mancato. Nel capoluogo ligure Orlando ha ottenuto il 52,3% delle preferenze (121.821 voti), contro il 44,3% di Bucci (103.219 voti). Otto punti percentuali esatti di differenza, che corrispondono a 18.602 voti di scarto a favore del centrosinistra. È questo lo scenario che si è palesato il 29 ottobre, sul quale il centrodestra ci ha bevuto e trionfato sopra e il centrosinistra si è leccato le ferite, soprattutto quelle che portano il marchio del Partito Democratico. I dem sono stati il primo partito con il 29,72% e i loro 64.758. Questo però, lo sanno bene i vertici di via XX Settembre, non è bastato per evitare la terza sconfitta consecutiva in Regione Liguria.

Bucci lancia la sfida, tra numeri

Il cosiddetto campo largo, un po' azzoppato lo ha definito qualcuno, con l'assenza (imposta) di Italia Viva, non è riuscito a segnare un rigore a porta vuota, come lo hanno definito in molti, nonostante abbia quasi azzerato la distanza con il centrodestra che alle ultime Regionali del 2020 con Giovanni Toti aveva stravinto con quasi il 20% in più e oltre 100 mila voti di scarto. In mezzo però, c'è stata la pandemia, la crisi del mondo sanitario e la maxi inchiesta che ha portato alle dimissioni dell'ex presidente della Regione. Questa però, sembra acqua passata, il futuro si chiama Bucci e il presente Comunali di Genova. Il manager genovese ha ingranato la marcia, schiacciando sull'acceleratore, e proprio nelle scorse ore ha investito ufficiosamente Pietro Piciocchi, lasciando la palla (che spera Bucci non scotterà) a Roma. Nel frattempo, mentre spiegava perché il vicesindaco reggente è il miglior candidato possibile per il centrodestra, con buona pace di tutti i partiti, Marco Bucci ha anche lanciato una doppia stoccata ai suoi competitor. "Il centrosinistra si svegli e batta un colpo, abbiamo bisogno di un avversario da sfidare" il monito del presidente della Liguria, che ha anche avvisato i naviganti: "Oggi abbiamo dei dati che ci dicono che non siamo in svantaggio, anzi, e che abbiamo tutte le carte in regola per recuperare". Sarà davvero così? La differenza di voti tra centrodestra e centrosinistra sarà ancora stabile o sarà invece aumentata/diminuita?

Chi sconfiggerà l'affluenza?

Al momento si parla di ipotesi, dati ufficiali infatti non ce ne sono, anche perché mancano ancora i candidati a sindaco, ma i partiti (in quel sottobosco matematico) hanno iniziato a sondare il terreno per capire quali sono le intenzioni dei genovesi. Esiste poi un altro avversario da sconfiggere, bipartisan, che si chiama astensionismo. L'affluenza, nelle ultime Regionali si è attestata al 45,97% contro il 53,42% del 2020. È andata un po' meglio a Genova dove ha votato il 50,11% degli aventi diritto, contro il 53,67% di quattro anni fa. Una risposta poco più convincente nel capoluogo ligure, ma sempre risicata, che non ha superato il 50%. Cosa succederà nella tornata elettorale della prossima primavera? Sarà ancora l'astensionismo il primo partito? A prendersi oneri e onori dovrà essere la politica in generale, perché se è vero che quello che conta alla fine è vincere, è altresì vero che è significativo capire come lo si conquista il successo. E la strada, al momento, sul fronte consensi, è in salita per tutti. Da destra a sinistra, passando per il centro.

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