Le marine e le società di refitting nel settore navale italiane devono combattere contro un nemico difficile da battere, l’Europa. O, per meglio dire, contro l’interpretazione italiana di una sentenza della Corte di giustizia europea. Non è il primo caso, infatti, in cui l’Italia si mostra più europeista rispetto agli altri Paesi dell’Unione, danneggiando sé stessa con decisioni poco comprensibili al tessuto economico nazionale.
E’ questo il caso, davvero emblematico, dell’applicazione sul nostro suolo di una sentenza, riferita a un caso olandese, che ha stravolto l’attività delle marine e dei bacini di riparazione navale italiani: un’applicazione che non ha eguali in Europa.
Cosa è successo? In pratica l’Italia ha adottato un’interpretazione applicativa della sentenza che, indiscriminatamente, assoggetta ai limiti imposti dalla Corte UE (90 giorni massimi di permanenza) qualsiasi marittimo extra-UE che semplicemente transiti in territorio italiano per imbarcarsi sulla propria imbarcazione che già vi si trova e legittimamente può permanervi ben oltre tale limite temporale.
Viene quindi negato il diritto dei marittimi extra Shengen di rimanere a bordo delle navi che transitano o sostano in territorio Shengen, qualora gli stessi arrivino a bordo transitando sul territorio italiano: in questo caso, vengono assimilati ai turisti, e dopo 90 giorni devono lasciare l'Europa, con conseguenze immaginabili sull'operatività delle navi.
“Questo personale – spiega a Primocanale Fabio Pesto, amministratore delegato di Pesto Sea Group – è in tutto e per tutto assimilato ai turisti: questi addetti possono entrare nel nostro Paese e soggiornarvi per 90 giorni ogni 180, un tempo del tutto insufficiente per presidiare le proprie barche e assolvere ai loro incarichi”.
Una fattispecie che, però, non si applica negli altri Stati dell’Unione, come ad esempio dai nostri vicini di Francia e Spagna: “Una situazione paradossale – continua Pesto – poiché l’interpretazione più generosa che questi Paesi hanno concesso alla stessa sentenza che blocca la nostra attività viene utilizzata come una leva di marketing da parte dei cantieri e delle marine nostre concorrenti”. In pratica francesi e spagnoli dicono: “Da noi il problema non si pone, portate qui le vostre imbarcazioni”.
Una vicenda che sta generando danni pesanti alla nostra economia: “Per la sola Genova – aggiunge Pesto – abbiamo calcolato in 50 milioni l’ammanco già contabilizzato per l’indotto; non si tratta dei contratti persi dagli operatori, ma del giro d’affari complessivo che questo personale garantiva alla città”. E il problema è particolarmente urgente perché è proprio questo il momento in cui gli armatori scelgono le proprie destinazioni invernali per le attività che devono programmare sulle proprie barche”.
“Dobbiamo certamente ringraziare i politici che hanno capito il problema e lo hanno affrontato nelle sedi istituzionali - spiega Fabio Pesto ricordando cosa è già stato fatto - al momento sono state emanate due circolari interne del Ministero degli esteri che vanno nella giusta direzione ma ancora non sono sufficienti per risolvere il problema; le complicazioni nella gestione del personale extracomunitario sono ancora enormi e il momento che stiamo affrontando è molto complicato”.
Cosa chiedono allora gli operatori italiani? “La nostra richiesta è semplice – dice Pesto – abbiamo bisogno di una circolare del ministero dell’Interno che spieghi al personale della Polizia di frontiera come deve essere gestito il caso dei marittimi in ingresso in Italia. L’interpretazione della sentenza della Corte europea, che peraltro si riferiva a un caso molto specifico non replicabile nel nostro Paese, dev’essere analoga a quella degli altri partner dell’Unione, così che non si debba generare un pregiudizio negativo sulle nostre attività e si possa restare concorrenziali con gli altri Paesi. Per un armatore portare la barca in Italia o in Francia è un cambiamento da nulla, per il sistema economico del nostro Paese è un danno molto grave”.
La palla ora passa al nuovo Governo che, secondo le attese, dovrà insediarsi entro la fine di questo mese: il tempo stringe, perdere quote di mercato in un momento di per sé già difficile in uno dei settori più floridi della nostra economia sarebbe davvero imperdonabile.