GENOVA - Non ha ancora trovato una soluzione la questione dei marittimi extra Ue che lavorano negli yacht e che dopo 60 giorni di permanenza in Italia vengono considerati clandestini: tutto per una interpretazione Italiana di una sentenza della Corte di Giustizia europea che invece, da altri paesi, è di fatto non applicata. Questo comporta un danno per il settore delle riparazioni navali e del refitting, ma anche per le semplici permanenze nei porti della penisola. Il problema è nato nell 2021 e non ha ancora avuto una soluzione, con danni di diversi milioni di euro per il settore, visto che gli armatori scelgono altri porti in altri paesi.
Bruno Guglielmini, amministratore delegato di Amico & Co. e che segue anche per l'associazione Genova For yachting il caso, spiega: " Siamo ancora fermi alla nuova prassi che la polizia di frontiera ha adottato e che di fatto impedisce agli equipaggi di poter fare gli avvicendamenti consueti dei membri dell’equipaggio. E' stata prestata a maggio di quest’anno una norma che non affronta il problema direttamente ma offre uno strumento che forse è in grado di bypassare il problema: è stata estesa ai marittimi extra UE la possibilità di ottenere un visto di lunga durata per motivi di lavoro, che dura fino a 365 giorni. Detta così sembra la soluzione ottimale ma la differenza sta nel fatto che per ottenere un visto bisogna rivolgersi al consolato italiano e non tutti i consolati sono abilitati a rilasciare questo tipo di visto, e poi il marittimo deve presentarsi fisicamente, lasciare il passaporto e attendere che la pratica venga fatta e il visto rilasciato, e tutto questo non è almeno per ora perfettamente compatibile con le esigenze di mobilità dei marittimi. Quindi lo strumento c’è ma non è ancora risolutivo. In ogni caso noi riteniamo che ci siano ragioni per tornare sull’origine del problema cioè sull’interpretazione che il Ministero dell’Interno italiano ha dato della sentenza della Corte di giustizia e che non è stato interpretato in questo modo da altri paesi in particolare dai paesi concorrenti dell’Italia nel mercato degli hot cioè Francia e Spagna, per cui non abbandoniamo, tramite anche il contributo di Confindustria nazionale, la strada di vedere se è possibile rettificare l’interpretazione del ministero che ha originato il problema.
Noi siamo stati appoggiati trasversalmente sia dai politici che dalle istituzioni della Liguria, visto che siamo ancora in ballo confidiamo di continuare ad avere ancora questo appoggio".