GENOVA - Gronda di Genova, ma qualcuno ci crede ancora? Chiede Maurizio Rossi, l’unico membro ligure per 5 anni dell XVII legislatura della Commissione Trasporti del Senato. Aprendo un dibattito (LEGGI QUI).
Oggi raccogliamo il commento di Luigi Attanasio, presidente della Camera di Commercio di Genova:
"L’isolamento di Genova è da più di vent’anni il primo punto all’ordine del giorno della nostra agenda: la situazione delle infrastrutture del nostro territorio, che deriva a sua volta da una carenza di manutenzione e programmazione che purtroppo risale nel tempo, hanno comportato la mancanza di continuità territoriale fra Genova e la Liguria, da un lato, e il resto del Paese e l’hinterland europeo, dall’altro, con disagi per residenti e turisti e seri danni per l’economia locale.
Proviamo a mettere in fila i fatti.
Il progetto della Gronda autostradale di Genova nasce con l’obiettivo di dotare la città di un’infrastruttura in grado di alleggerire il traffico lungo l’autostrada A10 tra il casello di Genova Ovest (porto di Genova) e l’abitato di Voltri.
Il primo progetto esecutivo di potenziamento dei collegamenti Est-Ovest è degli inizi degli anni ’80 e riguardava la “Bretella Voltri-Rivarolo” che doveva connettere le autostrade A26 e A7. L’intervento è stato bloccato in fase di apertura dei cantieri dalla politica, ed è stata una grande occasione perduta.
Quando il progetto rinasce come “Gronda di Genova” e si apre il dibattito pubblico, la Camera di Commercio di Genova dà vita al Comitato a cui partecipano tutte che le Associazioni di categoria del territorio.
La Camera non entra nel merito del Dibattito Pubblico aperto nel 2009 dall’allora Sindaco Marta Vincenzi: per noi la priorità era che l’opera venisse realizzata, a prescindere dal tracciato. Fra le 5 alternative oggetto del dibattito, è stato scelto un tracciato che si è rivelato particolarmente oneroso in termini di costi e soprattutto di tempi di realizzazione: non per niente siamo ancora qui a parlarne.
E veniamo a oggi: ci hanno detto che per ammortizzare i costi - che nel frattempo sono raddoppiati rispetto a quanto preventivato nel progetto originale – occorre un aumento dei pedaggi correlati alla residua durata della concessione, soluzione che riteniamo irricevibile, e che non può essere la sola alternativa.
Quello che occorre, a mio avviso, è verificare la fattibilità del progetto, attualizzarlo, e fare in modo di ammortizzare l’investimento su un periodo di almeno 40 anni, rendendo l’operazione sostenibile dal punto di vista economico. E questa potrebbe essere l’occasione per rivedere il tracciato e ridurre i tempi di realizzazione: un’occasione che non dobbiamo perdere.