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Porto e trasporti

10 minuti e 46 secondi di lettura
di Elisabetta Biancalani

Il porto di Genova sempre aperto, 24 ore su 24, grazie alla digitalizzazione: è una delle sfide più importanti, secondo Davide Falteri, neo presidente di Federlogistica (di cui è stato vice presidente per tre anni). 

Obiettivo: certezza dei tempi per chi fa viaggiare le merci

"Innanzitutto ci tengo a precisare che questa è una rivoluzione non tanto di strumento, perché di digitalizzazione e di strumenti digitali (ora anche con l'intelligenza artificiale) ne abbiamo in abbondanza. È una revisione di processo, cioè la vera difficoltà oggi è far sì che tutta la filiera degli operatori della logistica, quindi che vanno dal mondo degli armatori alle agenzie marittime, al mondo dei terminal, al mondo degli aeroporti, al mondo delle ferrovie, al mondo degli operatori logistici veri e propri all'autotrasporto, comprendano che c'è la necessità di lavorare in maniera sistemica. Per dare una risposta al loro cliente, il mondo industriale, cioè il mondo di chi deve far viaggiare le merci. Chi deve far viaggiare le merci, quale esigenza ha? L'esigenza di poterle programmare e di avere certezza dei tempi. E l'optimum sicuramente è quello di farle viaggiare H24. Ad oggi questo non avviene nel nostro paese, perché ancora abbiamo del lavoro da fare".

Si rischia di perdere competitività

Perché non avviene? Ad esempio se una merce arriva di notte nel porto di Genova, lo trova chiuso? "Noi non abbiamo un nastro operativo che è esteso alle 24 ore. L'obiettivo è proprio arrivare a quello. È difficile farlo, però è necessario, perché è una sfida che dobbiamo comunque raccogliere e dobbiamo vincere, perché altrimenti perdiamo competitività. È vero che siamo in Europa ed è giusto ragionare come sistema Europa, ma è anche vero che non possiamo perdere competitività rispetto a molti porti del Nord Europa, che hanno già un nastro operativo di lavoro delle 24 ore.

Processo da condividere con il Governo

Allora noi come possiamo fare a fare questa cosa? Dobbiamo innanzitutto condividere il tema con il Governo, con il Ministero specifico dei Trasporti, e questo si sta già facendo la visione strategica, perché è importante che il mondo delle categorie riporti quelli che sono anche le esigenze, a chi poi deve lavorare sulle leggi per poterle attuare.

Bisogna seguire gli standard europei

Dobbiamo tenere un occhio in Europa, perché poi tutte le direttive vengono costruite in Europa, quindi dobbiamo essere in grado di costruire una politica europea che poi sia confacente alle nostre esigenze, perché se no rischiamo di fare come negli ultimi anni, dove poi corriamo in Italia a cercare di far dilatare il tempo di recepimento delle direttive, perché creano danno al mondo imprenditoriale piuttosto che vantaggio, questo non deve succedere. Va costruita una politica chiaramente organica, ma soprattutto bisogna far sì che i sistemi digitali pubblici dei porti e degli interporti possano comunicare con i sistemi digitali delle imprese e possono, nel mondo della logistica in generale della filiera, dare ai propri clienti, cioè il mondo dell'industria, certezza di programmazione dell'arrivo e della partenza delle merci. Tutto questo va fatto però secondo standard internazionali, perché molto spesso si fanno degli errori, dove si fanno dei veri progetti, però che non tengono conto di standard internazionali. Questo è un errore perché la logistica è mondiale, quindi se noi vogliamo parlare di internazionalizzazione, di export, di velocizzare tutto quello che è il processo di trasporto delle merci in giro per il mondo, dobbiamo ragionare secondo standard e questo è importante. Se noi portiamo, teniamo la barra dritta su questi temi, la sfida chiaramente la possiamo ancora vincere. C'è molto da lavorare, ma possiamo farcela".

Il porto di Genova

Il lavoro sulle infrastrutture aiuta molto

Anche perché sappiamo che i tempi persi sono soldi persi. L'obiettivo mi sembra, per fare un esempio, di capire essere quello di un'azienda che produce ad esempio motori deve sapere, grazie a questo sistema digitale, a che ora far uscire il camion dalla sua azienda con la merce diretta al porto di Genova, sapendo che, salvo imprevisti di percorso, appena arriverà in porto questa merce verrà subito scaricata, imbarcata su una nave e il suo camion se ne potrà tornare indietro tranquillamente. "Esattamente, perché questa è una logica di efficientamento. Allora, se riusciamo a garantire una logica di efficientamento, diventiamo attrattivi e produttivi. Genova, per rispondere alla domanda fatta in precedenza, ha chiaramente un'opportunità di sperimentare questo, perché tanto si sta lavorando a livelli infrastrutturali, quindi nuova diga, terzo valico, il raddoppio della rete ferroviaria, lo sviluppo di una parte retroportuale verso un basso Piemonte, che comunque è il diretto interlocutore sia dalle parti merci che dalla parte cruise, perché poi abbiamo tutto il tema crocieristico e della logistica collegata alle crociere che non va sottovalutato, perché comunque Genova sta candidando a diventare un hub logistico anche per la parte cruise. Sono tutte opportunità che comunque vanno raccolte. Abbiamo anche delle opportunità dal punto di vista della semplificazione, perché noi stiamo all'interno di un perimetro, di una zona che si chiama zona logistica semplificata, che è alle spalle della nostra città, del nostro porto, dove si possono fare progetti di corridoi doganali, progetti di digitalizzazione, posti gli spazi ristretti che abbiamo a disposizione, che non sono certo quelli del basso Piemonte, dove possono essere costruiti dei dry port, dei porti a secco, chiaramente più confacenti, però trarre imprese ad alto valore tecnologico.

Digitale e logistica per programmare il flusso delle merci 

Noi abbiamo anche la fortuna di ospitare cavi Internet che arrivano dal mare e che collegano più Paesi nel Mediterraneo, quindi che permettono alle imprese della tecnologia di essere più competitive se vanno ad inserire la propria ubicazione a Genova. Quindi sappiamo tutti che il digitale, soprattutto ora con l'avvento dell'intelligenza artificiale, che chiaramente non va condannata, va gestita come tutti gli strumenti, se gestita bene può essere un'opportunità, se gestita male può diventare un problema, però il digitale e la logistica insieme oggi ci possono dare la possibilità di costruire veramente questo progetto di programmazione del flusso delle merci, anche di apertura verso mercati internazionali, quello che noi dobbiamo fare.

Il grande tema della carenza di personale

Mi viene da sorridere perché quando vado ad intervistare il direttore generale di Spediporto Giampaolo Botta, mi racconta dei tempi lunghissimi di sdoganamento di alcune merci per la carenza di personale delle dogane. Determinati tipi di merci, ad esempio che necessitano di controlli fitosanitari, invece che uscire in ventiquattro ore, magari escono in quattro giorni, cinque giorni, sei giorni, sette giorni. E qua hai voglia dire digitalizzazione se poi manca il personale? Si blocca tutto, così come si può bloccare per i cantieri in autostrada, le code o gli incidenti. "Sì, condivido quella che è la preoccupazione del direttore di Spediporto, perché questi sono problemi reali che ci sono, però torno a ribadire il concetto. Se c'è un progetto strategico scritto dall'inizio alla fine, condiviso da tutte le categorie, che prevede veramente una connessione pubblico-privato, poi i problemi si risolvono. Se invece non si ha idea di dove si vuole andare, allora diventa un problema, perché si naviga a vista. Poi veramente avremo sempre a che fare con i costi del personale, con la carenza di personale, con la carenza delle professioni, perché è un tema che guardate, tocca tantissimo anche il mondo della logistica, certe professioni oggi non sono più appetibili, anche lì bisogna farsi delle domande, come se  ledeve fare il mondo dell'industria, il mondo della sanità, perché se non ricopriamo determinate posizioni lavorative, fra qualche anno sarà un reale problema. Anche lì però bisogna avere una strategia e le cose vanno affrontate scrivendo un percorso, perché se si naviga a braccio, lamentandosi, i risultati sicuramente non arrivano. Chi ha messo in atto modelli virtuosi l'ha fatto perché si è impegnato e ha portato avanti un progetto che dirà chiaro in testa, non ha subito le conseguenze.

Per questo diceva che questi temi vanno condivisi anche a livello nazionale, proprio perché se serve più personale, ad esempio per tenere aperte le dogane 24 ore su 24, ecco che deve aiutare una legge, il Governo, sbloccare assunzioni e quant'altro. "Ma il compito delle associazioni di categorie è proprio quello, raccogliere quelle che sono le necessità del cluster, che rappresentano, e interfacciarsi con il Governo che non è che possa avere la bacchetta magica per risolvere i problemi. Ci vuole un dialogo continuo, bisogna continuamente correggere il tiro, però lavorare su un progetto e soprattutto evitare che poi con i cambi di governo si riparta da zero e si ricorra sempre a reinventare la ruota. Questo non va bene perché è uno spreco di risorse pubbliche ed è un riazzerare quello che sono i progetti. Ci devono essere dei progetti strategici nazionali che sopravvivano alle legislature. Poi ci sono progetti politici ma sono cose diverse, però la strategia di sviluppo del Paese chiaramente può essere governata da chi in quel momento ha la facoltà di governare, però non deve essere mai stravolta e ripensata perché questo poi crea un danno al sistema Paese, alla categoria, anche perché la logistica muove il mondo industriale, muove il mondo economico, quindi ormai sono tutt'uno.

Aree buffer: hanno senso se c'è programmazione

In questa logica, visto che ci vorrà un po' di tempo insomma per arrivare agli obiettivi di cui ha parlato di programmazione precisa di partenza-arrivo delle merci, hanno senso delle grandi aree buffer autostradali appena dietro le spalle del porto di Genova dove i camion, che purtroppo hanno calcolato male, si sono trovati in qualche intoppo di circolazione, possano fermarsi senza andare ad intasare la rete urbana addirittura o senza finire fermi tutti in una colonna di autostrada sottratta poi al traffico delle auto o non hanno senso? "Tanto bisogna distinguere e chiarire a chi ci ascolta che un conto sono i parcheggi per i mezzi pesanti, un conto sono le aree buffer. I parcheggi possono essere una necessità perché oggi questa è una città che sappiamo ha carenza di spazi, quindi avere dei posti dove parcheggiare i camion è sicuramente utile per evitare che chi fa autotrasporto oggi soffra delle difficoltà anche della viabilità in un momento di particolare difficoltà di manutenzione della rete autostradale parecchio critica nella nostra regione proprio per l'orografia del territorio, per il numero di infrastrutture. L'area buffer però è una spazio dove i camion, che fanno parte però di un anello della filiera, non si muovono in maniera autonoma, si muovono se si ha una logistica programmata e se l'industria ha la possibilità di programmare questa logistica, accettano di stare nelle aree buffer se hanno la certezza dei tempi di partenza e ripartenza dal porto e dall'interporto, perché altrimenti rischiano di avere dei bei parcheggi sulle autostrade e magari avere altri operatori che si recano al porto caricano prima di loro e gli passano addirittura avanti, quindi senza un sistema digitale di programmazione questa è una cosa che l'area buffer è destinata a rimanere un parcheggio anche se la si costruisce ma non un polmone chiaramente di programmazione integrata della logistica. Sono due cose ben diverse, questo bisogna che sia chiaro anche nella testa di chi parla di spazi perché sono due modi diversi di affrontare il concetto, uno è una logica di parcheggio, l'altro è una logica di efficientamento".

Genova è appetibile per nuovi insediamenti produttivi

Per chiudere lei è anche consigliere delegato del comune e nuovi insediamenti produttivi, c'è appetito da parte di gruppi nazionali e internazionali per Genova? "L'appetito per la nostra città c'è perché è una città che oggi sta crescendo e vediamo tutte le difficoltà che può avere una città che cresce, con tutti i disagi che si possono creare ma sono necessari se si vuole crescere. Il settore tecnologico ha necessità e ci sono delle opportunità proprio per il fatto che stiamo diventando attrattivi a seguito anche di questi cavi internet che arrivano dal mare, parlo di operatori logistici e tutta la parte legata anche alla produzione dell'energia. Quindi ci sono delle richieste, chiaramente il compito dell'amministrazione è quello di dare quel supporto necessario per dare soprattutto certezza dei tempi degli investimenti, perché chi vuole venire a investire vuole certezza dei tempi e ritorno dell'investimento quindi dobbiamo essere bravi a coadiuvarli, ad avere chiare queste informazioni.

Ecco le aree di possibili nuovi insediamenti industriali

Dove si possono mettere? Green Logistic Valley, zona Valpolcevera? "Sì noi abbiamo tutta la parte della Green Logistic Valley, alle spalle di Cornigliano, quella che sale verso Bolzaneto, per esempio quello è uno spazio, poi ci sono comunque anche spazi magari meno appetibili dal punto di vista logistico però comunque utilizzabili nella Val Bisagno, poi noi abbiamo un grande valore che è il valore dell'entroterra, non ce lo dobbiamo dimenticare perché la città cresce o verso il mare o verso l'entroterra, quindi l'entroterra può essere un valore aggiunto e per farlo diventare un valore aggiunto bisogna puntare sulla connettività, perché non esiste che delle frazioni dell'entroterra oggi non abbiano una connessione Internet stabile, quindi questa è la prima cosa che dobbiamo fare, migliorare chiaramente la parte infrastrutturale, magari pensare anche a progetti alternativi di collegamento di quelle che sono le frazioni, anche di mobilità, perché se noi poi andiamo a spopolare queste realtà poi diventa anche difficile creare nuovi insediamenti aziendali".