GENOVA - Torna a scioperare il personale sanitario dell'ospedale Galliera.
L'appuntamento è per mercoledì 16 novembre, dalle 7 alle 20.
Chirurghi, medici e infermieri torneranno in piazza dopo la assemblea permanente indetta ad aprile. Le motivazioni che hanno portato alla nuova proclamazione di uno sciopero sono le stesse che vengono denunciate da tempo come il perdurare delle condizioni di disagio legate alla cronica carenza di personale, doppi turni, rinuncia ai riposi e alle ferie, ricorso eccessivo allo straordinario, incremento esagerato dei carichi di lavoro, sovraffollamento e stazionamento prolungato dei pazienti in barella al pronto soccorso (LEGGI QUI).
"Fuga di professionisti e operatori che testimonia le insostenibili condizioni di lavoro da dover sopportare in conseguenza anche alle discutibili decisioni Regionali sul piano 'preparedness' che con l'aumento del numero dei contagi, prevede il graduale aumento dei posti letto dedicati alle persone contagiate nei diversi ospedali – spiegano Luca Infantino e Marco Vannucci, segretari generali Fp Cgil Genova e Uil Fpl Genova -. Nell'ambito del piano, infatti, ancora una volta è stato individuato il Galliera come presidio che deve garantire il maggior incremento di posti letto Covid-19, malgrado sia il meno indicato architettonicamente a contenere i contagi e per le già note carenze d'organico".
"Decisioni che incidono negativamente sugli operatori già stremati da continue e repentine riorganizzazioni, riconversioni di reparti, e che hanno portato ultimamente addirittura alla chiusura di due Unità Operative per recuperare personale".
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"Nonostante lo stato di agitazione e le continue richieste di dialogo, nessun segnale positivo e nessuna soluzione utile è stata prospettata per risolvere la decurtazione delle retribuzioni provocata dal taglio unilaterale di inizio anno di alcune indennità precedentemente incrementate con accordi aziendali".
"Inoltre siamo in presenza della drastica riduzione delle risorse destinate alla produttività collettiva che, invece, sono state utilizzate per coprire i costi della pandemia, con il risultato che gli stessi operatori che con senso del dovere professionalità e competenza hanno garantito i servizi alle persone durante l'emergenza epidemiologica ne hanno dovuto coprire i maggiori costi con le proprie retribuzioni – proseguono i sindacati -. Una beffa che non possiamo accettare".