GENOVA - Per la prima volta al mondo è stata impiantata una protesi peniena tri-componente in anestesia locale. L'intervento è avvenuto nella Clinica Montallegro di Genova da un team guidato da Aldo Franco De Rose specialista urologo e andrologo e presidente associazione andrologi italiani, con l'urologo Fabrizio Gallo e l'anestesista Donatella Giua. Questa procedura adottata è divenuta oggetto di una pubblicazione di prossima uscita sull’ International Journal of Surgery.
L'intervento è stato eseguito nel maggio dello scorso anno su un sessantenne che, in seguito a un incidente motociclistico, aveva subito fratture multiple delle vertebre lombosacrali, con lesioni midollari incomplete a livello S2-S4, con una forma di impotenza sessuale, diretta conseguenza della lesione dei tronchi nervosi.
La disfunzione erettile non rispondeva alle terapie orali con inibitori della PDE-I e all’iniezione intracavernosa di alprostadil rimaneva quindi l'idea di una protesi al pene ma per il trauma riportato nell'incidente, un successivo arresto cardiaco e la presenza di placche metalliche a livello lombosacrale, secondo il giudizio dei medici, l’esecuzione di una anestesia generale o per via spinale era giudicata rischiosa. Per l'alto rischio anestesiologico è stato necessario individuare una nuova modalità.
"L’impianto di una protesi peniena rappresenta una valida opzione terapeutica quando un trattamento farmacologico risulti inefficace o controindicato spiega De Rose - le ricerche riportano tassi di soddisfazione del paziente (e del partner) che variano dal 75% al 100%, a seconda del tipo di protesi. Questi dispositivi sono oggetto di costante sviluppo e hanno raggiunto oggi un’elevata affidabilità meccanica e di sicurezza. Anche se queste procedure vengono generalmente eseguite in anestesia spinale, alcuni autori riportano risultati incoraggianti con l’impianto di protesi peniene semirigide o a due componenti in anestesia locale, solitamente con sedazione endovenosa. Fino a oggi, però, nessun autore aveva documentato l’impianto di un dispositivo a tre componenti in anestesia locale".
"L'intervento si svolge in tre fasi chirurgiche - spiega De Rose - la prima fase consiste nell’inserimento delle protesi nei due corpi cavernosi del pene. Successivamente, nella fase perineale, si posiziona il dispositivo di gonfiaggio. L’intervento si conclude con la fase più complessa, quella addominale, dove si posiziona il palloncino serbatoio".
"I risultati sono stati eccellenti. Il paziente non ha riportato alcun dolore durante l’intervento e il follow-up è stato privo di eventi avversi. Un mese dopo l’intervento chirurgico – tempo necessario di attesa post-operatoria – il paziente ha segnalato il primo rapporto sessuale soddisfacente".
"Le protesi peniene possono essere impiantate a tutte le età - conclude - nei più giovani, si procede quando la funzionalità erettile è compromessa a causa di traumi, incidenti o interventi alla prostata precoci. La fascia d’età più comune è sopra i 60 anni, quando diverse condizioni, come diabete, ipercolesterolemia e altre patologie che compromettono la circolazione sanguigna, rendono necessario l’impianto di una protesi per una soddisfacente vita sessuale. La protesi garantisce un completo rapporto sessuale, senza minimamente compromettere la sensibilità. Si tratta di un dispositivo estremamente sofisticato, per nulla fastidioso o imbarazzante, praticamente invisibile a occhio nudo".
Questo intervento arriva a 50 anni dalla prima protesi peniena idraulica impiantata e descritta sulla rivista Urology. Da allora la ricerca in campo chirurgico e nella produzione di device ha fatto passi da gigante e oggi punta a realizzare protesi touchless, capaci di funzionare senza "pompetta", di utilizzo più agevole e minori rischi di rotture delle componenti idrauliche.
Il numero di italiani a cui ogni anno servirebbe una protesi al pene è in aumento. Hanno superato i 50-60 anni sono reduci da un tumore, o ancora soffrono di malattie cardiovascolari o disfunzioni che occludono le vene. In questi casi, circa 3 su 10 optano per le ‘pillole’ ignorando l’esistenza di un’alternativa efficace.
A distanza di 50 anni l'intervento oggi sicuro ed efficace, fondamentale per tanti uomini colpiti da tumore alla prostata, non è ancora inserito nei Livelli essenziali di assistenza (Lea) del nostro Paese. Ogni anno in Italia, infatti, circa 20mila uomini vengono sottoposti a un intervento di rimozione radicale della prostata a seguito di un tumore e di questi, almeno 10mila vanno incontro a disfunzione erettile con indicazione all'impianto di protesi peniena per risolverla. Ma la maggior parte dei candidati non ha accesso alle cure perché escluse dal nuovo decreto tariffe e le Regioni non sono tenute ad erogarle.
Stando ai dati del registro nazionale della Società italiana di andrologia, a fronte di 3000 richieste, le protesi erogate sono circa 400 l’anno, concentrate per il 75% fra Nord e Centro.
"Le protesi peniene - conclude De Rose - non sono un vezzo o un lusso ma un diritto per continuare una normale e degna vita di coppia quando le terapie mediche falliscono".