MILANO - Legge sul fine vita e tabù della morte: è di questo che abbiamo parlato nell'intervista con il tesoriere dell'associazione Luca Coscioni (che da anni si batte perché venga approvata una legge) Marco Cappato per commentare l'avvio della discussione per la proposta di legge regionale per regolamentare il fine vita in Liguria (LEGGI QUI). Abbiamo raggiunto Cappato a Milano per la prima intervista di questo reportage.
Innanzitutto parliamo della proposta di legge sul fine vita. Di che cosa tratta? Facciamo un po' di chiarezza su questa materia.
"In Italia cosa è possibile fare? Già oggi ciascuno ha diritto a sospendere qualsiasi terapia o a rinunciare a qualsiasi terapia, anche se questo provocasse la morte. C'è il diritto a fare gratuitamente presso il Comune di residenza il testamento biologico e le direttive anticipate di trattamento, cioè lasciare dette le proprie volontà nel caso ci si trovasse non più in grado di intendere e volere. Tutto questo si può fare. È legale in Italia anche il cosiddetto aiuto al suicidio o l'aiuto alla morte volontaria per auto somministrazione di una sostanza letale. È legale sempre? No. È legale se si rientra in condizioni ben precise, stabilite dalla Corte Costituzionale nel processo a mio carico, per aver aiutato Dj Fabo, Fabiano Antoniani, ad andare in Svizzera a ottenere la morte volontaria. Cosa dice la Corte Costituzionale?
Che si ha diritto di essere aiutati a morire se si è lucidi e consapevoli, affetti da una patologia irreversibile che provochi una sofferenza insopportabile e se si è tenuti in vita da trattamenti di sostegno vitale.
Cosa vuol dire: se già si potrebbe andare a morire interrompendo una terapia allora lo si può fare più velocemente senza una lunga agonia, attraverso il cosiddetto suicidio assistito auto somministrando una sostanza legale. Quindi in Italia già esiste questo diritto all'aiuto a morire, stabilito dalla Corte Costituzionale che ha individuato nel servizio sanitario la competenza per verificare le condizioni del paziente e per aiutarlo alla somministrazione di questo farmaco letale. In assenza di una legge nazionale questo diritto, per poter essere realizzato nella pratica, ha quindi bisogno del servizio sanitario e il servizio sanitario è una competenza regionale. Allora, in assenza di una norma nazionale, noi come Associazione Luca Coscioni abbiamo preparato una legge regionale che stabilisca tempi e procedure certe per l'attuazione di quel diritto costituzionale. Perché si è reso necessario, per esempio, nelle Marche? Il primo caso di aiuto medico alla morte volontaria è stato quello di Federico Carboni, che ha dovuto aspettare due anni prima che la Asl gli facesse visita per vedere se era in quelle condizioni. Allora questa legge regionale ligure, noi cosa diciamo? Diciamo che il servizio regionale ha venti giorni di tempo per andare a verificare le condizioni del paziente e dare una risposta a quella richiesta, che può essere una risposta negativa se il paziente non è in quelle condizioni oppure positiva se è un suo diritto accedere al cosiddetto suicidio assistito".
Abbiamo parlato degli aspetti tecnici di questa legge, però c'è anche un aspetto umano che è quello della dignità della persona. Quanto è importante per portare avanti questa battaglia e anche per convincere chi non è d'accordo?
"La dignità della persona è stato proprio il motivo che ha spinto la Corte Costituzionale a depenalizzare in alcune circostanze il suicidio assistito. Perché sul caso di DJ Fabo, Fabiano avrebbe potuto ottenere in Italia la sospensione delle terapie. Questo avrebbe avuto come conseguenza di rimanere magari una settimana-dieci giorni, trascinandosi con la madre accanto a lui, la fidanzata, che dovevano vedere se finalmente era riuscito a morire. La Corte Costituzionale dice 'Ma scusate, allora è meglio che ottenga in pochi minuti quello che avrebbe già diritto di ottenere in dieci giorni', se la persona avrebbe già diritto di ottenere la morte senza soffrire ma con un lunghissimo periodo di tempo allora è meglio, è più dignitoso per il paziente, una somministrazione che lo porti a morire in tempi rapidi. Questa riflessione è fondamentale proprio per rivolgerci a chi è contrario. Naturalmente siamo sempre parlando della scelta della persona, chi non vuole fare il testamento biologico, accedere al suicidio assistito, ovviamente, non deve essere spinto né obbligato da nessuno a farlo.
Ma per quelle persone che avrebbero già diritto a terminare la propria vita sospendendo una terapia, che senso ha imporre loro di farlo in un modo meno dignitoso?
Ecco, la legge regionale in Liguria prevede appunto che con tempi e modalità certe, chi chiede di essere aiutato a terminare la propria vita abbia una risposta veloce, rapida e sicura".
In Liguria, per quanto riguarda la legge, la situazione sembra essere abbastanza promettente. C'è il voto favorevole, per esempio, del governatore Giovanni Toti, che ha invitato i suoi a votare secondo coscienza. Quindi non c'è una presa posizione diciamo di partito o di coalizione, però comunque tante persone di centrodestra si sono espresse favorevoli. Anche il presidente della commissione Sanità, Brunello Brunetto, in quota Lega. Quindi voi comunque siete fiduciosi che il percorso in Liguria possa andare bene?
"Se noi guardassimo soltanto le posizioni dei capi dei partiti a livello nazionale, allora dovremmo essere totalmente pessimisti e sfiduciati. In realtà la Liguria, come anche il Veneto e Lombardia, ci dimostrano che le cose sono più complesse e positive, perché alla premessa di tutto questo c'è che il modo in cui si termina la propria vita è cambiato completamente negli ultimi dieci anni. La Liguria è una delle regioni prime al mondo dove l'invecchiamento della popolazione, insieme all'aumento della vita media, ha cambiato completamente le prospettive demografiche. Quando si allunga il percorso del morire, grazie ai progressi della medicina, diventa più importante poter decidere in un tempo lungo della propria vita.
Fatto sta che tutti i sondaggi confermano che le persone sono alla stragrande maggioranza d'accordo per la libertà di scelta alla fine della vita. E questo in modo trasversale. Destra, sinistra, cattolici, laici. Non è un tema sul quale il cittadino segue il partito preso, lo schieramento. Perché? Perché sono temi che ognuno ha vissuto nella propria famiglia, nella propria vita. Quindi non aspetta che sia il capo partito a dirgli che cosa significhi e come bisogna comportarsi.
Ecco perché anche nel centrodestra molte personalità hanno capito che non è il caso di farne una battaglia di schieramento. E quindi Luca Zaia nel Veneto, Fontana in Lombardia e il presidente della Regione Liguria Toti hanno preso questa posizione coraggiosa, importante, che aiuta a collegare alla realtà sociale dei loro cittadini, dei loro stessi elettori. Quindi io sono fiducioso nel fatto che se il dibattito e il voto verrà fatto ascoltando la sofferenza delle persone, dei malati, le loro esigenze e non le logiche di schieramento della politica nazionale, allora sarà approvata una buona legge, una buona legge che sarà a beneficio di tutti. Ecco una cosa secondo me molto importante. Abbiamo detto che i tempi rapidi servono per verificare le condizioni di chi chiede l'aiuto al suicidio, per non lasciarli mesi e mesi in una condizione di agonia e di sofferenza, senza una risposta, come una tortura. Ma è ancora più importante per quelle persone che non rientrano nelle condizioni per ottenere il suicidio assistito, magari perché non hanno adeguate cure palliative o perché magari sono colpite da una fase temporanea incurabile di depressione. Ma per quelle persone è ancora più importante andare velocemente a verificare le loro condizioni e magari aiutarli a prevenire un suicidio di quelli fatti buttandosi dalla finestra, arrivando con le cure palliative e con l'assistenza psichiatrica. Anche in Liguria ho sentito nel dibattito utilizzare la questione delle cure palliative, importantissima, come se fosse in contrapposizione con la libertà di scelta sul suicidio assistito. Ma non è così. Lasciando la libertà alla persona e il diritto di poter chiedere di essere aiutati a morire con una procedura certa, come può fare un servizio sanitario regionale. Se poi i medici vanno a casa a fargli visita scoprono che in realtà quella volontà è stata espressa in questo modo perché, per esempio, non c'è un adeguato trattamento di cure palliative, allora quei medici diranno 'no, tu non puoi avere il suicidio assistito, ma devi avere la proposta di un percorso di cure palliative'. Quindi in realtà una corretta applicazione di un diritto che già esiste può portare a salvare delle vite, a prevenire dei suicidi, ovviamente anche a impedire che sia prolungata la tortura invece di chi non vorrebbe quella sofferenza e avrebbe diritto di essere aiutato, aiutato a morire".
Lo hai ricordato prima, tu hai infranto la legge. Infatti c'è una sentenza della Corte Costituzionale per un processo a tuo carico. Però la legge oggi sta cambiando nella direzione che avevi individuato tu. A volte siamo portati a vedere la legge come come un monolite, quand'è che hai avuto quest'intuizione sul fatto che la legge fosse sbagliata? Quand'è che hai pensato di volerla cambiare, anche a costo di infrangerla e di commettere di fatto un reato?
"La legge, il diritto ovviamente non è scolpito nella pietra e di per sé giusto per sempre. La pena di morte era legale, la schiavitù era legale. Le leggi razziali erano leggi di discriminazione razziale, persino il nazismo aveva operato secondo le leggi del nazismo. Che cosa significa? Significa quindi che qualsiasi legge può essere violata impunemente? No. La disobbedienza civile significa violare una legge assumendosene le responsabilità. Cioè alla luce del sole, cioè di uscire dalla clandestinità.
E soprattutto quando abbiamo iniziato a realizzare queste azioni di disobbedienza civile, abbiamo non semplicemente violato la lettera di una legge, ma invocato una legge superiore, la Costituzione.
Allora è vero che in Italia una legge del 1930, in piena epoca fascista, dice, ancora, che può essere condannato fino a dodici anni di carcere chi aiuta a morire. Ma questa legge è stata ritenuta dalla Corte Costituzionale non più compatibile con il diritto all'autodeterminazione della persona in quelle condizioni di malattia e di sofferenza, quindi in realtà, secondo lo Stato italiano, alla fine io non ho violato una legge, ma ho agito nel rispetto della Costituzione. Queste azioni di disobbedienza civile andranno avanti e vanno avanti per conquistare una piena legalizzazione dell'eutanasia. Questo non è ovviamente la Regione Liguria che lo può realizzare, ma può essere solo un cambiamento della legge nazionale. Ci sono dieci persone con me che stanno attendendo di sapere se saranno processate per queste azioni di disobbedienza civile. In particolare abbiamo aiutato persone che non erano dipendenti strettamente da trattamenti di sostegno vitale, ma pensiamo ai malati terminali di cancro. Anche se non sei attaccato a una macchina, ma perché essere discriminato nella possibilità di accedere al diritto del fine vita? Quindi noi andremo avanti con queste azioni di disobbedienza civile e la Corte Costituzionale sarà nuovamente nei prossimi mesi chiamata ad esprimersi. Perché quando una legge, ovviamente è una valutazione soggettiva e quindi politica, ma quando una legge crea, genera sofferenza e violenza, come la legge che minaccia con il codice penale l'aiuto sul fine vita, quella legge deve essere superata perché non è compatibile con i valori di libertà e diritti fondamentali della nostra Costituzione e anche delle carte internazionali del diritto".
La legge sul fine vita è un qualcosa che riguarda ovviamente non solo la vita ma anche la morte, che è il mistero più grande della vita. Ti volevo chiedere che cos'è per te la morte, e che significato ha questa legge relativamente alla morte?
"Per me l'esperienza di questi anni, accanto a persone che chiedevano di essere aiutate a terminare la propria vita, mi ha insegnato moltissimo. C'è in realtà qualcosa che teoricamente tutti sappiamo: il morire fa parte della vita. Poi però stare accanto a persone che dimostrano una serenità, addirittura un buon umore, un'ironia, una capacità di fare battute, di scherzarci sopra tanta è la sofferenza che hanno dovuto subire e vivere il momento finale quasi come una liberazione da questa sofferenza mi ha insegnato molto. Sul morire e quindi sulla vita. Perché nelle nostre vite, io stesso e chiunque, abbiamo la tendenza a cacciare il parlare del morire e della morte, è qualcosa che non si fa volentieri e meno che mai con altre persone in gruppo, è forse l'unico vero tabù rimasto negli argomenti con i nostri amici e nelle nostre conversazioni. Invece guardare in faccia il mistero anche del morire, credo che insegni a vivere. Poi, naturalmente, si possono avere delle posizioni completamente opposte dalle mie e da quelle della battaglia che stiamo portando avanti con l'Associazione Luca Coscioni. Ma girare la testa dall'altra parte, come se questi problemi non esistessero, illudendosi così di metterli sotto il tappeto come la polvere credo che sia poi il modo più sbagliato, perché alla fine si ha paura. Ecco, io penso che tanta parte della classe dirigente politica e religiosa a volte abbia queste reazioni di proibizione, di negazione di questi diritti per un riflesso di paura che invece le storie delle persone che si sono battute, Welby, Englaro, Dj Fabo, le tantissime persone che quotidianamente hanno a che fare con questo problema, ci aiutano ad affrontarlo fuori dall'ideologia.
Ecco: l'ideologia è il nemico, sia a livello personale nel rapporto con la vita e il morire, sia a livello più collettivo, quello delle leggi e dello Stato. L'ideologia è il veleno, è quello che rende meno semplice riuscire a parlare con serenità di questi temi.
Quindi dobbiamo farlo tenendo presente la vita delle persone, le loro storie, la loro sofferenza. Con l'Associazione Coscioni diciamo dal corpo del malato al cuore della politica, dal corpo della persona al cuore della politica. Questo è il metodo fondamentale per discutere questi temi".
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