GENOVA - "Morire senza dolore e con dignità" questo l'obiettivo che ha portato il professor Franco Henriquet 40 anni fa a fondare la Gigi Ghirotti, oggi Fondazione. E lui anima e cuore della Gigi Ghirotti ancora oggi, a poche settimane dal suo 94esimo compleanno, ha raccontato a 'People' la storia di questi 40 anni che hanno cambiato l'assistenza dei malati terminali non solo in pratica ma anche nella cultura. Con precisione, passione e forza il prof, come tutti a Genova lo chiamano, ha lanciato poi un appello per la carenza di medici e per raccogliere nuovi fondi per aprire il terzo hospice nel ponente genovese. Quarant'anni di attività e la consapevolezza di quanto ci sia ancora molto da fare: "500mila persone in Italia potrebbero avere bisogno di cure palliative ma secondo i dati del ministero le assistenze domiciliari sono state meno di 50mila quindi solo un decimo dei bisogni".
"L'associazione non è nata dal nulla nel 1984, il lavoro in realtà è nato prima all'interno del San Martino - racconta Henriquet - io mi ero reso conto, lavorando all’interno di un reparto di chirurgia toracica, dove praticamente la gran parte dei malati erano malati di tumore, che questi malati erano aggravati da un dolore severo e anche dall'alta mortalità, il loro dolore però non era considerato e venivano dati dei farmaci che non erano i farmaci più appropriati per queste situazioni, erano negati i farmaci più utili e in particolare la morfina e gli oppioidi in generale ma la morfina che è il capostipite degli oppioidi e quindi io mi sono dedicato all’assistenza a queste malattie proprio per alleviarne il dolore".
"Erano gli anni 70, anni particolarmente importanti per la sanità pubblica perché c'è stata la riforma sanitaria ed è cambiato l’assetto degli ospedali che fino ad allora lavoravano un po’ come aveva detto Gigi Ghirotti con il mezzo camice ossia lavoravano le quattro ore del mattino e poi gli ospedali cadevano nel pomeriggio nel silenzio più assoluto - prosegue - io avevo scelto il tempo pieno e quindi mi dedicavo nelle ore del mattino alle sale operatorie e alle terapie intensive e poi nel pomeriggio mi dedicavo ai malati oncologici avendo avuto la disponibilità del presidente dell’ospedale San Martino di istituire un servizio di terapia del dolore e proprio un servizio dedicato all’assistenza e ai malati oncologici dell’ospedale. Poi hanno iniziato a ridurre i posti letto quando sono entrato all’ospedale di San Martino a metà degli anni 60 c’erano 5000 posti letto adesso San Martino ne ha 1200 quindi praticamente quasi un quinto e i malati terminali sono stati i più penalizzati, sono stati i primi a essere dimessi e sul territorio trovavano il vuoto e allora è lì e che è nata l’idea di un'associazione senza scopo di lucro che potesse anche andare all’esterno cioè seguire quei malati che erano seguiti all’ospedale ma che poi andando a casa trovavano appunto difficoltà di assistenza e quindi è nata nell’84 l’associazione Gigi Ghirotti".
"L'associazione all'inizio era finalizzata ai malati oncologici ma poi si è estesa anche ad altre tipologie di malati i primi sono stati i malati di Aids nei primi anni 90 ed era stata proprio la Regione Liguria a chiederci di occuparcene - spiega - poi nel tempo si è estesa anche ad altre tipologie di malati in particolare ai malati neurologici e tra queste soprattutto i malati di Sla che sono malati da un punto di vista assistenziale onerosi e più complessi ma anche ad altre patologie perchè quando un malato ha una patologia severa che va incontro all'aggravamento ha bisogni sovrapponibili a quelli dei malati di tumore".
La prima volontaria? Sua moglie Anna: "Nelle prime visite domiciliari me lo portavo con me e lei avendo un passato in sanità perché è diplomata in ostetricia mi porgeva il materiale in modo da poter fare l’intervento in modo asettico".
Il professor Henriquet con il suo lavoro è riuscito a sdoganare l'uso della morfina per i malati terminali cosa che oggi può sembrare banale e scontata ma 50 anni fa non era così. "Quando mi sono impegnato per seguire questi malati all’interno dell’ospedale di San Martino il primo impegno è stato quello di poter usare la morfina, un farmaco che allora era tenuto sottochiave soprattutto dal caposala perché c’erano delle leggi estremamente restrittive per questo farmaco e quindi la si usava soltanto in situazioni particolarmente acute come l’infarto cardiaco o la colica renale ma non era assolutamente previsto che potesse essere dato in linea programmatica e quindi più volte al giorno a un malato oncologico. Questo è stato il nostro primo impegno lenire il dolore dal punto di vista strettamente fisico poi ne sono venute tante altre problematiche legate al dolore non soltanto di tipo fisico ma il dolore complessivo, il dolore esistenziale, il dolore dell’animo, il dolore psicologico ma il primo punto, il primo impegno è stato proprio quello di fare in modo che i malati potessero avere il farmaco appropriato per lenire il loro dolore ossia la morfina".
Ma per Henriquet che cosa è la morte? "E' parte della vita perché siamo tutti destinati a morire prima o poi ma è quello che fa più paura non è tanto la morte ma il processo del morire e soprattutto la paura di dover morire soffrendo quindi sapendo che un malato ha accanto un medico che gli può lenire il dolore negli ultimi momenti di vita è certamente un conforto e quindi una garanzia che potrà morire senza dolore e questa è la cosa più importante per un malato. Per me personalmente la morte è un passo inevitabile e adesso ci penso molto più di qualche anno fa perchè è più vicina visto che nessuno di noi è immortale".
Il regalo per questi 40 anni? Henriquet non ha dubbi "più medici e il terzo hospice a Ponente ma c'è bisogno dell'aiuto di tutti".
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