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Sanità

Il genovese De Iaco presidente della società italiana di medicina d'emergenza-urgenza
2 minuti e 43 secondi di lettura
di Tiziana Oberti

GENOVA - "I pazienti che si recano in un pronto soccorso italiano sono sempre più anziani: dal 23% del 2019 si è passati al 27% del 2023 per un totale di quasi cinque milioni di over 80, il sistema però è impreparato perché non abbiamo messo in atto gli strumenti che servivano per fronteggiare una nuova situazione epidemiologica e poter quindi affrontare le necessità che un 'grande anziano' ha quando viene portato in pronto soccorso". Così a Primocanale Fabio De Iaco presidente società italiana di medicina d'emergenza-urgenza (Simeu) che a Genova ha organizzato il congresso nazionale della società scientifica.

De Iaco, genovese, da anni lavora in Piemonte, come direttore del pronto soccorso dell’ospedale Maria Vittoria di Torino, ma ha ben chiara la situazione particolare che vive la sanità nella nostra regione a causa dell'età media della popolazione che è stata certificata come la più alta d'Europa. "L’incremento aritmetico di cui stiamo parlando in realtà corrisponde ad un incremento esponenziale logaritmico per il carico di lavoro perché l’anziano, il grande anziano porta con sé una serie di necessità che sono certamente cliniche, a cui siamo abituati a rispondere ma anche - sottolinea - necessità assistenziali e sociali particolari. L’impegno di un paziente di oltre ottant’anni è evidentemente differente e superiore rispetto all' impegno sul paziente di quarant’anni e quindi sta cambiando l’intera popolazione e l’attività interna dei pronto soccorso italiani e in questo senso in Liguria la problematica sarà ancora maggiore anche se non ho i dati precisi".

"Le esigenze cliniche e assistenziali di pazienti così anziani moltiplicano l’impegno necessario da parte di tutti gli operatori: medici, infermieri, operatori soci sanitari per un fattore di incremento che è certamente superiore alla semplice differenza numerica".

Cosa si può fare allora per non far implodere il sistema tra esigenze che cambiano e la carenza di personale? De Iaco non ha dubbi: "Bisogna potenziare l'offerta degli ospedali che ora lavorano su bisogni disegnati 30 anni fa ma anche il territorio".

"Il pronto soccorso è lo specchio del servizio sanitario nazionale - racconta - parlare di rimedi per il pronto soccorso sostanzialmente significa parlare dei rimedi per l’intero servizio: dalla fotografia scattata dal nostro osservatorio in quattro anni abbiamo incrementato del 25% il tempo di attesa dentro ai pronto soccorso per il ricovero in area medica, siamo passati dalle 25 ore, che già erano inaccettabili come media nazionale, alle 31 ore di adesso, significa un quarto di lavoro in più, una quantità spaventosa di milioni di ore di assistenza e cure erogate in pronto soccorso in una condizione purtroppo inappropriata per i pazienti ma anche per gli operatori che sono sempre meno numerosi".

Sulla carenza di personale De Iaco è netto: "Non si risolve solo con l'aumento della retribuzione, anche se è importante ma il lato economico non è tutto, ma soprattutto bisogna agire sulla qualità di vita di chi lavora in pronto soccorso".

Parlando di mancanza di medici in pronto soccorso la riflessione successiva è quella dei cosiddetti 'gettonisti' che il presidente nazionale di Simeu definisce "un male obbligato altrimenti si chiude, unica cosa che un direttore generale può fare oggi per riempire le caselle e non chiudere i servizi, ma come società siamo sempre stati chiari nel giudicarla una presenza dannosa per il sistema".