LIGURIA - Da Genova alla Stazione Spaziale Internazionale per conoscere i misteri dell’invecchiamento e contrastarli. Cosa ci vuole? Sono solo 408 chilometri, dritti e senza cantieri. Il viaggio è stato fatto, metaforicamente, dal progetto AstRNAuts dei ricercatori dell’Istituto Italiano di tecnologia, e, fisicamente, dalla recente missione Ax-3 dove era presente anche il pilota italiano Walter Villadei dell’Aeronautica Militare Italiana.
Si tratta di un progetto di ricerca di biomedicina spaziale congiunto tra ASI e IIT, svolto in collaborazione con Aeronautica Militare Italiana e Ospedale Bambino Gesù di Roma. Le piccole molecole di RNA vengono studiate per capire se la loro presenza nei fluidi corporei degli astronauti possa essere spia di specifiche alterazioni fisiologiche. L’obiettivo, infatti, è quello di definire, avvalendosi anche di intelligenza artificiale, un modello di diagnosi predittiva della salute degli astronauti durante le lunghe missioni di esplorazione spaziale. I risultati del progetto avranno applicazioni sulla terra, in particolare nella diagnosi predittiva di patologie legate all’invecchiamento, quali le malattie neurodegenerative come Alzheimer e Parkinson.
“Gli astronauti sono esposti a una serie di stress psicofisici dovuti alla permanenza nello spazio come le radiazioni cosmiche, la microgravità e un regime alterato di sonno/veglia, dato che nell’arco di ventiquattr’ore vivono sedici albe e altrettanti tramonti -. Spiega il neurobiologo Davide De Pietri Tonelli, a capo della linea di Ricerca dei microRNA dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova -. Sono, dunque, un modello di invecchiamento accelerato. Li abbiamo monitorati durante l’ultima missione spaziale Ax-3 concentrandoci sulla comprensione del rischio di sviluppare patologie durante la permanenza a bordo delle astronavi. Attualmente, ci focalizziamo sulla ricerca riguardante gli RNA, molecole sintetizzate da tutte le cellule del corpo umano. Per una visione più chiara di ciò che accade negli organi sottoposti a stress. Intendiamo utilizzare queste informazioni per sviluppare metodi diagnostici avanzati, come i test rapidi utilizzati per il COVID”.
IL COMMENTO
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