Vai all'articolo sul sito completo

Sport

4 minuti e 0 secondi di lettura
di Stefano Rissetto

Scalando il calciomercato estivo, la Sampdoria ha pedalato su una bicicletta normale, con i tubolari un po' sgonfi e la catena poco oliata, trainando inoltre un rimorchino pieno di mattoni, mentre gli altri diciannove corridori avevano la bici elettrica ed erano privi di zavorra. Eppure Lanna e il suo staff non sono arrivati fuori tempo massimo. Forse non hanno potenziato la squadra per metterla all'altezza della colonna sinistra della classifica, come i tifosi sognerebbero; di certo non l'hanno indebolita troppo, in funzione della salvezza che per questo campionato può essere il solo obiettivo realistico.

Nella valutazione della campagna di trasferimenti, occorre infatti tener presente la situazione di partenza: una società appesantita da una montagna di debiti, a corto di liquidità, con gli azionisti da una parte sotto la lente della Procura di Paola per l'ipotesi di gravi reati e dall'altra al centro di un concordato, che è una bella parola per dire "estremo tentativo per evitare il fallimento".

Senza soldi da spendere, e anzi con la necessità di reperire risorse per iscrizione e rispetto parametri regolamentari, la dirigenza doriana ha fatto miracoli. Innanzitutto si è centrata l'ammissione al campionato, risultato che la salvezza a 36 punti non garantiva in automatico, quindi si è ulteriormente limato di 8 milioni il monte ingaggi. Obiettivi raggiunti anche attraverso cessioni non indolori: in particolare rattrista non poter contare su un Damsgaard in ripresa e dai margini di miglioramento inesplorati, così come Bonazzoli e Candreva non sarebbero stati inutili, figuriamoci poi se ceduti a una società che però dopo aver preso anche Piatek sembra aver dismesso il rango di diretta concorrente. Le rinunce a Yoshida, Thorsby ed Ekdal hanno cambiato i connotati a due reparti cruciali, ma non si ricorderà mai abbastanza come a comandare siano state le ragioni economiche e non quelle tecniche, pur ben presenti a un ex calciatore di livello internazionale come Lanna.

Arricciare il naso di fronte a un mercato emergenziale come quello appena concluso impone un esercizio di revisione storica. La situazione societaria era infatti assai più florida nove anni fa, quando l'ultima campagna della proprietà Garrone-Mondini - che l'estate successiva, sorprendendo tutto il mondo del calcio, avrebbe scelto proprio uno come Ferrero per donargli la società, ripulita da debiti e garantita anche da dote di avviamento - non aveva visto nemmeno un acquisto a titolo definitivo, ma alcuni ritorni da prestito e i prestiti a vario titolo di Fornasier, Wszolek, Gavazzi, Petagna, Barillà più il giovane Gabbiadini, quest'ultimo in pratica il solo ingaggio azzeccato.

Ancor più impietoso il raffronto con l'improvvida estate 2010, quando per affrontare un impegno storico come la prima Champions League di sempre, potenziale apice di quella gestione, le uniche novità erano stati i portieri Da Costa e Curci, al posto di Storari, l'attaccante Zaza e, dopo l'eliminazione per mano del Werder e quindi ormai tardi, il ritorno di Zauri. Storia vecchia: allora i soldi potenzialmente c'erano, e ce n'erano pure moltissimi, come mai ce n'erano stati nella storia del club; ma se la proprietà - legittimamente, come era stato spiegato in modo franco e onesto fin dall'avvento, spiegazione condivisa da quasi tutti i destinatari - non era intenzionata a investirli, era come se non ci fossero. Allora gli azionisti non volevano spendere, ora non possono: il risultato ai fini pratici è lo stesso.

Perciò il mercato appena concluso merita un buon giudizio. Verso la fine dello scorso campionato, occorre ricordarlo, nelle società di bassa e bassissima classifica circolava una fosca parola d'ordine, fosca ovviamente per chi avesse a cuore il Doria: "L'importante è arrivare al terzultimo posto, perché poi qualcuno non sarà in grado di iscriversi". Mancava che si dicesse "sarà una squadra con quattro colori nella maglia" per essere più chiari. La Sampdoria invece, anche grazie alla credibilità di un "ambasciatore" come Marco Lanna, all'acume contabile e relative entrature nel mondo creditizio e finanziario dell'economista Gianni Panconi, alla presentabilità complessiva insomma del nuovo CdA di salute pubblica, ha superato questo ostacolo e ha concluso un mercato in cui tutti sapevano delle sue difficoltà e, come almeno il procuratore di un suo calciatore, hanno cercato di approfittarne. Ma l'organico non è stato smembrato e questo contava. Ognuno adesso faccia la sua parte. Nella speranza che nel corso della stagione, meglio se al più presto, si trovi finalmente - anche perché un altro mercato come questo non sarà possibile: da vendere per autofinanziarsi è rimasto poco o niente - il modo di togliere la società da mani in assoluto inadeguate, rimaste fin troppo tempo a far danni di ogni genere, per dare una prospettiva di futuro a una gloria del calcio italiano e alla sua tifoseria, che pur umiliata da anni da comportamenti inadeguati e opachi ha dimostrato di saper dare il meglio nelle situazioni di crisi. Il vero patrimonio, come diceva Paolo Mantovani e come ben sa Lanna che è uno dei suoi "figli", da cui ripartire.