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Sport

1 minuto e 49 secondi di lettura
di Stefano Rissetto

Rischia di travolgere Alfredo Trentalange, capo degli arbitri italiani ed ex fischietto internazionale (a sinistra nella foto), lo scandalo di Rosario D'Onofrio (a destra nella foto), il capo della Procura arbitrale che lavorava dagli arresti domiciliari, dove scontava una pena di 2 anni e 8 mesi per traffico di droga, e che è stato nuovamente arrestato giovedì scorso, e condotto nel carcere milanese di Opera, nell'ambito di un'operazione della Guardia di Finanza contro il narcotraffico.

La notizia data da "Repubblica" due giorni dopo, mentre il mondo arbitrale stava in silenzio, ha provocato l'immediata reazione del presidente Figc Gabriele Gravina, che in un consiglio federale d'urgenza cancellerà l'autonomia disciplinare dei direttori di gara.

Ma il capo del calcio italiano vuole vederci chiaro anche sulla posizione di Trentalange, che per il ruolo di procuratore arbitrale aveva scelto D'Onofrio, un personaggio che ancor prima della condanna per traffico di droga era stato espulso dall'Esercito per aver prodotto certificati medici falsi e, nel 2007 quando era guardalinee, aveva colpito con un pugno un dirigente sportivo.

Trentalange ha una trista reputazione nel mondo sampdoriano per aver fischiato, il 16 maggio 1999 al 90' di Bologna-Sampdoria penultima di campionato, il rigore per contatto Sakic-Simutenkov che di fatto sancì la terza retrocessione della storia blucerchiata. Un rigore che più tardi in un intervento tv lo stesso Trentalange, aggiungendo sale su una ferita tuttora aperta, avrebbe ammesso di aver sbagliato a concedere.

Per il momento, si escludono sia un commissariamento dell'AIA, sia l'imposizione delle dimissioni a Trentalange, che molti nel mondo del calcio hanno cominciato a chiedere, incontrando peraltro strenua opposizione nel dirigente torinese. Ma il procuratore Figc Giuseppe Chinè chiederà alla Direzione distrettuale antimafia le carte dell'inchiesta penale su D'Onofrio e ascolterà l'ex arbitro internazionale Piero Giacomelli di Trieste, che sempre in un'intervista a "Repubblica" ha accusato D'Onofrio di avergli fatto finire anzitempo la carriera con motivazioni pretestuose.

In ogni caso Trentalange dovrà prima o poi spiegare perché abbia collocato, in una posizione delicata e prestigiosa, un personaggio dal profilo così controverso: se era a conoscenza del curriculum di D'Onofrio è un fatto indubbiamente grave, ma se ne era ignaro è un'omissione altrettanto preoccupante per il garante supremo della trasparenza e obiettività di una categoria cruciale per il calcio professionistico.