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Sport

Il presidente degli arbitri vacilla sotto il peso del caso D'Onofrio, il pm di settore finito in carcere per narcotraffico
4 minuti e 8 secondi di lettura
di Stefano Rissetto

Il "caso D'Onofrio" rischia di troncare la carriera di Alfredo Trentalange (a sinistra nella foto), oggi presidente dell'AIA, direttore di gara della famigerata Bologna-Sampdoria del 16 maggio 1999, costata la retrocessione ai blucerchiati, per colpa di un rigore che lo stesso fischietto non molto tempo dopo aveva ammesso come inesistente. Gli investigatori della Procura Figc guidata da Gabriele Chiné, infatti, hanno accertato ripetute violazioni al CGS (codice giustizia sportiva) e al regolamento AIA da parte del capo degli arbitri, dovute a un "rapporto consolidato" con Rosario D'Onofrio (a destra nella foto), già capo della procura arbitrale e arrestato lo scorso 10 novembre per traffico internazionale di stupefacenti.

Alla chiusura delle indagini, la posizione di Trentalange si fa insostenibile. Secondo la Procura federale, come rivela la Gazzetta dello Sport, Trentalange aveva "la diretta responsabilità delle nomine dei vertici degli organi di giustizia Aia" ed ha poi "omesso di assumere qualsiasi iniziativa, anche la più minimale, volta e finalizzata ad accertare i reali requisiti professionali e di moralità del sig. Rosario D'Onofrio prima della proposta, fatta dallo stesso Trentalange, e conseguente nomina da parte del Comitato Nazionale Aia (nel marzo 2021), a Procuratore arbitrale dell'Aia, comportamento omissivo, seguito da quello commissivo di proposta, che ha determinato la nomina del D'Onofrio - con cui il Trentalange aveva un rapporto personale consolidato di vecchia data (era stato infatti lui a segnalarlo al Presidente Nicchi al fine della nomina a componente della Commissione Disciplinare Nazionale il 7 marzo 2009, primo incarico avuto dal D'Onofrio in un Organo di giustizia sportiva) - ad una carica di vertice di un importante Organo di giustizia domestica Aia (Procuratore nazionale Aia) mentre il nominato era detenuto agli arresti domiciliari presso la sua abitazione di Garbagnate Milanese perché condannato alla pena definitiva di anni 2 e 8 mesi di reclusione ed alla multa di 6.000 euro per gravissimi reati concernenti la detenzione di circa 44 Kg. di sostanze stupefacenti".

La Procura Figc accusa Trentalange di "aver contattato telefonicamente il vicepresidente della Commissione Disciplinare Nazionale Andrea Santoni, il quale, riscontrando negligenza ed inadeguatezza professionale in capo al D'Onofrio quale componente della predetta Commissione, aveva invitato quest'ultimo per iscritto a tenere comportamenti più consoni alle funzioni svolte, chiedendogli di non assumere nuove iniziative contro Rosario D'Onofrio, e così facendo - per proteggere il D'Onofrio, al quale era evidentemente legato da consolidato rapporto personale - interferiva con l'attività, le prerogative, l'autonomia e l'indipendenza di un Organo di giustizia sportiva".

Sempre secondo l'accusa, Trentalange avrebbe "omesso di assumere qualsiasi iniziativa, anche la più minimale, volta e finalizzata a controllare il possesso dei requisiti professionali e di moralità necessari per l'attribuzione al sig. Rosario D'Onofrio di importanti onorificenze e premi (arbitro benemerito e premio Concetto Lo Bello), nel mentre il D'Onofrio era detenuto agli arresti domiciliari e conseguentemente proponendo e facendo attribuire al D'Onofrio onorificenze e premi in campo sportivo-arbitrale incompatibili con il suo status di detenuto e, più in generale, con i suoi gravi precedenti penali".

Anche sulle dimissioni di D'Onofrio la posizione di Trentalange non sarebbe impeccabile. Secondo la Procura federale, Trentalange è responsabile "per avere comunicato e distribuito durante il Comitato Nazionale Aia riunitosi a Caltanissetta il 12 novembre 2022 un documento (notizia poi riportata dalla stampa nazionale) recante apparentemente le dimissioni dall'Aia di Rosario D'Onofrio, datato 9 novembre 2022 e firmato "Rosario D'Onofrio", documento inviato dall'account di posta elettronica in uso al fratello del Procuratore, senza avere previamente compiuto la benché minima verifica volta e finalizzata ad accertare attendibilità e veridicità del documento e del suo contenuto", visto che D'Onofrio "nella data dell'invio del documento da parte del di lui fratello era già detenuto in carcere"; "nella data di apparente firma del documento (9 novembre 2022) si trovava a Roma, presso la sede dell'Aia per svolgere le sue funzioni di Procuratore ed ivi non aveva manifestato ad alcuno la volontà di dimettersi"; "la firma apposta in calce al documento, affatto diversa per forma e per fattura, da quelle apposte su altri documenti".

Trentalange è inoltre accusato di "avere reso dichiarazioni non veridiche" nel corso del Consiglio Federale del 15 novembre "in ordine alla avvenuta acquisizione di un curriculum di Rosario D'Onofrio prima della sua nomina a Procuratore Aia, ai titoli di studio e professionali posseduti da quest'ultimo ed alle presunte, ma inesistenti, autocertificazioni rese dal medesimo".

Di fronte a una simile mole di addebiti, la posizione di Trentalange sembra verisimilmente compromessa. Giorni fa, il ministro dello Sport Abodi aveva detto di essere "rimasto stupito che nessuno abbia sentito il bisogno di mettersi a disposizione", ma ora la situazione non può che essersi ulteriormente aggravata. Il presidente della Figc Gabriele Gravina ha già convocato per il 19 dicembre un consiglio federale che al punto 4 dell'ordine del giorno ha "situazione Associazione Italiana Arbitri: provvedimenti conseguenti". Per quanto si tratti soltanto di una conclusione indagini, emergono comunque situazioni incompatibili con prestigio e profilo di una figura come quella del presidente degli arbitri.

La soluzione ovvia pare quella delle dimissioni di Trentalange, che per parte sua continua però a ritenere l'AIA "parte lesa" per il caso D'Onofrio: stallo che porterebbe direttamente al commissariamento.