La crisi della Sampdoria rischia di assomigliare, almeno per quanto riguarda i tempi, alla scena madre di "The Blues Brothers", con Jake ed Elwood inseguiti da tutte le forze armate possibili nel grattacielo dove ha sede l'ufficio imposte, per pagare il debito delle monache trovando però il "Torno fra 5 minuti" appeso sulla porta della stanza dall'impiegato, che poi era un giovane Steven Spielberg (in alto a sinistra nella foto).
Tutte le strade per la salvezza della società, infatti, prevedono tempi strettissimi. E non sono prive di incognite. Sul piano del diritto civile ordinario, lo scorporo di attività in una società in crisi è pienamente lecito. Ma il diritto civile e penale ordinario non sono perfettamente sovrapponibili alle regole interne della FIGC.
Non si è mai dato finota che una società sportiva in grave crisi, una volta dichiarato il fallimento e perfezionata la riassegnazione del titolo sportivo di proprietà FIGC, non passasse attraverso il cambio di nome dovuto alla cesura societaria e il declassamento. E' successo con varie modalità a club vincitori di scudetti e coppe europee come Fiorentina, Napoli e Parma. Potrebbe l'Unione Calcio Sampdoria 1946, in nuove mani, conservare l'identità ripartendo dalla B senza ulteriori gravami, come si propone il finanziere Alessandro Barnaba della Merlyn Partners (a destra in alto nella foto)?
Tutto ruota attorno a una serie di interessi contrapposti, attorno alla giurisprudenza sportiva per ora inesistente di fronte all'articolo 52 NOIF: se Covisoc e Figc accogliessero la proposta Barnaba, ci sarebbero due tipi di effetti collaterali. Da una parte, altri club in difficoltà finanziaria ed economica sarebbero pronti a mettersi nella scia della Sampdoria. Dall'altra, e questo sembra il problema più serio, tra i club che si erano attenuti alla prassi qualcuno potrebbe eccepire sul trattamento di presunto favore riservato alla Sampdoria. Due gli insiemi di possibili ricorrenti, nell'ambito della serie B: innanzitutto le società di alta classifica che a fine campionato non saliranno in A, destino che al momento verrebbe riservato a una sola tra Bari, Cagliari, Parma, Pisa, Palermo, Modena e Como. Poi ci sono le società in piena zona retrocessione, oggi Benevento, SPAL, Perugia e Brescia. Non è un mistero, già se ne parla, che negli ambienti di questi club si punti a un ripescaggio fondato sulle disgrazie della Sampdoria.
Poi c'è sempre il dettaglio, che non è un dettaglio, per cui le regole si applicano a tutti ma si interpretano per gli amici. E c'è un precedente, sia pure di vent'anni fa, che potrebbe corroborare il piano-Barnaba, imperniato su un'interpretazione compensativamente non ostile delle regole a favore di una società per troppi anni trascurata dalle istituzioni del calcio, a partire dal controverso "regalo" all'attuale proprietario. Insomma: vi abbiamo lasciato senza aprire bocca nelle mani del Viperetta, ora vi diamo una mano a uscirne.
E' un precedente che non c'entra con le tematiche economiche-finanziarie oggi in esame, ma dimostra a meraviglia come il "peso politico" possa essere dirimente rispetto alle normative. Nell'estate 2003, alla fine del "caso Catania" chiuso con il blocco delle retrocessioni dalla B alla C, le quattro retrocesse e ripescate non erano più quattro, perché il Cosenza oltre a finire penultimo non si era potuto iscrivere per mancata presentazione della fideiussione.
C'era insomma da trovare una quarta squadra e secondo le regole dello sport si sarebbe dovuto trattare del Pisa o del Martina, sconfitte nelle due finali di playoff di C1. La Federcalcio invece a sorpresa "promosse", concedendo un salto doppio di categoria, la Florentia Viola, vincitrice del girone B della C2 e tornata a chiamarsi Fiorentina.
Sulle ragioni logiche e sportive di quella preferenza della FIGC per la Fiorentina, appena rilevata da una proprietà facoltosa e influente come i fratelli Diego e Andrea Della Valle, rispetto a Pisa e Martina, non ci furono e non ci sono tuttora spiegazioni di diritto. Se non la sensazione che, quando si vuole, si può. E' quello che spera chi si propone di sfilare la Sampdoria all'attuale proprietà lasciandola a bocca asciutta, in un contesto dove, sempre per restare nei film e in quelli americani, la corsa alla Sampdoria sembra qualcosa come la "Thunder Road" di "Grease" (in basso a destra nella foto): si va dritti contro un muro e vince chi frena per ultimo.