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Sport

2 minuti e 26 secondi di lettura
di Stefano Rissetto

Il futuro della Sampdoria passa attraverso un labirinto di incognite. Al tavolo di questa partita complessa ci sono la proprietà, ovvero Ferrero che ancora ieri nel corso del blitz milanese con Vidal ha ribadito di non puntare al tanto peggio tanto meglio, leggi fallimento; CdA ed esperto, titolari dei poteri specifici della CNC (composizione negoziata della crisi); gli investitori, ovvero il finanziere Alessandro Barnaba di Merlyn Partners.

Il quadro giuridico non potrebbe essere più complicato: da una parte le regole del diritto civile, con il complesso codice della crisi; dall'altra le regole Figc, la cui storia dimostra come possano essere "applicate" o "interpretate" a seconda del grado di vicinanza o distanza dal potere.

Si cammina su una lasta di ghiaccio sottilissimo, con l'attuale dirigenza integrata dall'avvocato Bissocoli impegnata a mediare. E questa mediazione sembra quasi psicologica, più che finanziaria-economica. Barnaba non ha mai smentito le voci che lo indicano in accordo con gli ex proprietari, Ferrero non si rassegna a uscire di scena a mani vuote. Nessuna delle due parti, mosse sia da interesse che orgoglio, può ottenere una piena vittoria, altrimenti a rimetterci sarebbe la Sampdoria. Non siamo più ai tempi degli interminabili surplace degli sprinter nei velodromi, si deve trovare - e anche rapidamente - un punto di intesa, in assenza del quale si avvierà inesorabilmente la liquidazione della società, leggi procedura fallimentare.

Il prestito obbligazionario convertibile, che di fatto insedia al potere chi presta il denaro, ha già l'ok di Banca Sistema e della proprietà. Manca solo l'investitore, per un'operazione già vista in Italia con le due milanesi (con Elliot e Oaktree al comando).

La cessione di ramo di azienda, con scorporo tra "new company" e "bad company", è prevista dal nuovo codice della crisi, anche nell'ambito della composizione negoziata senza il consenso della proprietà. Ma su questa prospettiva grava l'incognita della coerenza con le norme federali, che non la consentono se non in caso di fallimento, con il rischio di perdere i 25 milioni del "paracadute" e il nome Sampdoria, che resterebbero alla vecchia società. Una svolta interpretativa favorevole da parte della FIGC infatti aprirebbe la strada a proposte simili da tutte le società indebitate, per non parlare delle probabili rimostranze, per esempio, di un de Laurentiis che vent'anni fa era stato costretto a ripartire dalla C o di un Commisso che ha speso 400 milioni, oltre alle squadre che a fine anno resteranno in B, trovandosi un'avversaria ingombrante, o cadranno in C senza il ripescaggio di cui a Benevento, Brescia e Ferrara parlano apertamente.

In ogni caso il codice della crisi, che è estremamente tutelante nei confronti della società, consente operazioni non usuali e tende a permettere di agire a tutela della società, qualora ci sia convenienza per i creditori, fornitori e dipendenti in primis, un fattore che prevale su tutto.

Il CdA e l'Esperto stanno seguendo da tempo tutte le strade possibili. Quelle impossibili rischiano di diventare fragili alibi per chi sa che sono tali.