Dodici anni di carriera di cui otto da internazionale lo hanno portato ad essere uno degli arbitri più importanti del panorama nazionale e non solo. Graziano Cesari, classe 1956, ha il carattere di un emiliano sempre sorridente e disponibile, con il suo look da eterno ragazzino senza calze anche in inverno e quel golf blu con polo bianca sotto che è diventato un po' il suo marchio di fabbrica quando conduce "Liguria Calcio" su Primocanale.
Lei è nato a Parma…
"Si, ma sono arrivato a Genova da piccolo, facevo la seconda media. Mio padre si era trasferito qui per lavoro e poco dopo ha aperto un'attività di vendita di formaggi in piazza Palermo, poi ne aprì altre in vari punti della città".
E intanto studiava...
"Si al Vittorio Emanuele e poi ho fatto atre scuole. Ma l'idea di fare l'arbitro mi piaceva molto, un po' perché giocavo a calcio e un po' per uno zio, Guido Montale, che lo aveva fatto nella sezione di Genova e che era addetto all'arbitro per la Sampdoria".
Quando ha deciso di fare l’arbitro seriamente?
"Al termine della mia prima partita. La ricordo come se fosse ora. Era una gara di Esordienti al Ligorna b, quello vecchio in alto. La mamma di un ragazzino cercò di colpirmi con un calcio. Ecco lì mi sono detto: voglio diventare un arbitro vero".
E' arrivato in Serie B a 33 anni. Un po' tardi?
"Assolutamente no. Non era facile arrivare tra i professionisti, si iniziava dai Pulcini, poi Allievi, Terza categoria, seconda, prima e promozione. Poi erano previsti due anni di scambi in altri regioni e poi in D, C2, C1 e quindi la B e poi la A. Una trafila lunghissima".
Il gol più bello che ha visto fare?
"Quello di Djorkaeff in Inter-Roma, fece qualcosa di incredibile, un gesto atletico pazzesco, andò in cielo per colpire quella palla".
Ormai da anni è entrato il Var ma si discute come e più di prima. Che idea si è fatto?
"E' vero ci sono sempre polemiche. Prima era un terno al lotto e il direttore di gara vedeva quello che vedeva, c’erano ovviamente polemiche ma alla fine si diceva: l’arbitro ha visto quello che ha potuto. Oggi invece ci sono più possibilità, assistenti, riprese televisive con minimo 18
telecamere quindi l’errore si enfatizza e diventa più grande. Il Var doveva essere la panacea di tutti i mali e invece non è vero niente, l’errore dell’arbitro c'è sempre, così come il suo potere"
Gli arbitri hanno la nomea di presuntuosi. E’ così?
"Io non lo sono stato mai stato, però ci sono alcuni che hanno atteggiamenti presuntuosi e antipatici per i giocatori e i tifosi. Ma succede come in ogni posto di lavoro, dove c'è il collega o il capo simpatico o odioso".
Se avesse avuto a disposizione il Var quale errore non avrebbe commesso?
"Beh non ho dubbio. Il primo è il gol di Bierhoff non dato all’Udinese, la palla aveva sicuramente oltrepassato la linea bianca. E poi un Milan-Roma del 1991, Serena diede una gomitata a Piacentini. Io mostrai il rosso a Van Basten, su suggerimento dell'assistente. Era la quarta partita in A e non fu facile espellere Van Basten. Per di più sbagliai persona, roba da rimanere sotto un treno".
E' vero che venne squalificato perché sorpreso a fumare negli spogliatoi?
"Assolutamente sì. La gara era Bayern Monaco e Valencia. Io e il mio assistente nell'intervallo ci accendemmo una sigaretta proprio sotto il cartello in tedesco che indicava vietato fumare. Sei mesi di sospensione..."
Le sigarette sono sempre state una sua "passione"...
"Non riesco a farne a meno. Ne fumo tante purtroppo"
Dietro la lavagna finì anche per essere stato il primo arbitro a comparire in televisione...
"Altro record. Dopo aver diretto Inter - Roma mi presentai alla Domenica Sportiva senza alcuna autorizzazione. Subito mi dissero "bravo hai parlato bene" poi mi misero in castigo lasciandomi a casa qualche domenica e poi mi mandarono in B..."
Pensa che sia arrivato il momento di vedere gli arbitri in tv?
"Si, dovrebbero spiegare cosa hanno visto, commentare le cose buone e le cose meno buone che hanno fatto. Essere narcisisti, e io lo ero, non guasta assolutamente, non c'è niente di male".
Era permaloso?
"No".
Superstizioso?
"Un po'. In campo mettevo una moneta piccolissima, quella da dieci lire, nella linguetta delle scarpe. Mi dava sicurezza"
I tre giocatori più forti che ha arbitrato?
"Maradona, Baggio e Ronaldo il Fenomeno".
Una volta lei definì il pubblico del Genoa un miracolo calcistico...
"Si vero un vero miracolo, con tutto quello che ha subito, con tutte le situazioni negative che ci sono state non ha mai abbandonato la maglia: anzi, quando ci sono difficoltà diventa ancora più forte e compatto, incredibile".
Lei non è nato tifoso genoano, come lo è diventato?
"Mi ha attratto sin da subito. Poi quando l'ho visto perdere con il Montevarchi e ho visto la "disperazione" dei suoi tifosi mi ha fatto innamorare".
E con la Sampdoria che rapporto ha?
"Direi ottimo, è una parte importante della città di Genova e poi ho uno dei due figli sampdoriano...."
Cosa non sopporta del mondo del calcio?
"L'’ipocrisia e la disonestà. E poi non riconoscere i propri errori ma trovare un capro espiatorio".