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Le idee vengono fuori per caso, magari ragionando su altri argomenti. Così, due giorni fa, mentre negli studi di Primocanale con Franco Manzitti stavamo registrando le testimonianze per la prossima docuserie dedicata alla Genova dei nostri anni da giovani giornalisti, cioè fine anni ’70,’80,’90, stavamo parlando della scomparsa dei grandi partiti, la Dc, il Psi e il Pci. A raccontare quegli anni tre personaggi che, in quel periodo, guidavano buona parte della politica cittadina, Gianni Vassallo ultimo segretario genovese della Dc, Tonino Bettanini dal circolo Turati ai vertici socialisti con Martelli e Roberto Speciale numero uno del Pci. Quando davanti alle telecamere scorrono i ricordi di Speciale, la memoria porta necessariamente al segretario generale di allora, Enrico Berlinguer.

Tra gli anniversari di quest’anno ci saranno anche i quarant’anni dalla morte del più amato dei leader della sinistra, 11 giugno 1984 a Padova. A Padova dopo essere stato a Genova e a Riva Trigoso per due affollatissimi comizi. Ci si preparava al voto per le Europee. Come oggi, insomma.

A quel punto Speciale racconta di avere visto da poco la bellissima mostra che al “Mattatoio” del Testaccio a Roma è stata dedicata proprio alla vita del capo comunista. Un sorprendente successo di pubblico. Foto, film, discorsi, lettere. Una risposta che ha allungato i tempi previsti per la mostra che ora ha chiuso i battenti. Gli affetti del dirigente, il debutto in politica, la famiglia, il pensiero. Molti oggetti personali di Berlinguer, i suoi libri, le piccole cose della quotidianità, ma anche le testimonianze sull’”Eurocomunismo”, o quelle tragiche della violenza politica, gli anni di piombo che videro spesso il segretario a Genova, in momenti drammatici. Memorabili e le abbiamo fatte vedere nella seconda serie di Terza, quelle del funerale di Guido Rossa, in piazza De Ferrari proprio con Berlinguer commosso sul palco di piazza De Ferrari.

Ebbene. Propone Speciale: “Perché non portare anche a Genova la mostra su Berlinguer?”. Possibile? Sarebbe nell’anno dell’anniversario, considerando anche il ruolo di Genova in quei giorni di immensa fatica per il leader Pci, una testimonianza interessante, importante per rileggere la nostra storia del passato recente.

Mi associo alla proposta di Roberto Speciale, rivolgendomi per esempio agli organizzatori di Palazzo Ducale, ma anche ad altri, Regione e Comune. Berlinguer è un personaggio che si stacca per spessore culturale e umano dalla politica quotidiana, insomma non crea problemi di par condicio. Poi, in serata è Mario Margini che mi conferma l’iniziativa a tal proposito della Fondazione Diesse. Potrebbe essere all’inizio dell’autunno? Speriamo.

E allora ricordo dalle pagine dell’”Unità” di quei giorni la tappa ligure di Berlinguer, poche ore prima che sul palco di Padova fosse colpito dall’ictus, in quel drammatico discorso, tirato con fatica fino al crollo.

“All’improvviso la rottura della voce, le pause anomale e un compagno che arriva correndo….Berlinguer sta male!”.

La cronaca di Ugo Baduel fu drammatica. Dal lungo applauso quando Enrico definì il suo partito “forza garante anche per chi non comunista, anche per chi avversa i comunisti, anche per chi non ha ancora trovato la forza di schierarsi e battersi”. Ricorda Baduel che di questo argomento se ne era parlato il giorno prima in albergo a Genova dopo l’immenso comizio di piazza Verdi. Me lo ricordo eccome quel comizio davanti alla stazione!
Berlinguer era arrivato a Genova in aereo il martedì alle undici di sera. “Un pranzo frugale nella sostanza, ma lungo nel ristorante di un compagno che aveva riaperto appositamente per lui dopo mezzanotte. A letto non prima delle due e passa di notte, e sveglia alle solite sette del mattino. Prima di pranzo (in camera un riso all’inglese e formaggio) Berlinguer aveva rivisto il testo del discorso. Nel pomeriggio dopo un riposo troppo breve, le telefonate con Roma, due passi intorno all’albergo e poi il comizio di piazza Verdi”.

“Poi volle andare in un luogo dove c’era una grande fabbrica – ricorda oggi Speciale – e scelsi Riva Trigoso, con i cantieri navali. Venne una folla incredibile! La mattina dopo Enrico partì per Padova”.

La preoccupazione del grande leader era sempre la stessa: che cosa si aspetta che io dica, la gente?. La domanda si ripeteva prima di ogni comizio.

Scrive Baduel. “Nella notte, dopo il comizio padovano, saremmo dovuti partire per Milano: al pomeriggio c’era un dibattito televisivo. Poi a Bologna e la domenica a Catania.” Un tour de force pazzesco.

Berlinguer si spense a mezzogiorno dell’11 giugno.

Una volta, dopo una Tribuna politica, uscì dagli studi scontento. “Che cosa c’è che non va?” gli chiese un collega dell’”Unità”?. La risposta dice tutto sull’uomo e sul politico.

“Temo di avere alzato un po’ troppo la voce…”.

Aveva come sempre, sussurrato la storia della grande politica.