GENOVA - Un grave, gravissimo problema di credibilità. Ne soffre la politica italiana e la conseguenza è il persistente svuotamento dei seggi elettorali, con il contestuale ingrossamento dell’esercito degli astensionisti. Prendiamo questa storia della pace edilizia annunciata dal leader della Lega Matteo Salvini. Nessuno ha visto le norme, neanche la premier Giorgia Meloni. Eppure…
Uno, Salvini appunto, sbandiera ai quattro venti l’ipotesi come se fosse una cosa fatta. E invece non lo è. Fratelli d’Italia e Forza Italia, altri due partiti di maggioranza, frenano, prendono tempo, fanno argine. Ma dicono di non sapere con esattezza di che cosa si tratti. L’opposizione - cioè Pd, Cinque Stelle e via elencando - ovviamente non ne sa niente, però parla di condono.
Scusate: davvero tutti pensano che gli elettori non si siano accorti che ogni partito si stia muovendo nella logica di perseguire un consenso? Nella vita reale non funziona così. Nella vita reale uno fa una cosa, annuncia di averla fatta, se va bene va avanti altrimenti chiede scusa e si ferma. Oppure dice di voler fare una cosa, ma spiega per filo e per segno di che si tratti. In politica non succede. Io capisco che il contesto richieda una qualche eccezione, però il troppo stroppia.
Il ragionamento vale paro paro per quanto accaduto in Confindustria. Prima che si tirassero le somme, Edoardo Garrone ha rimesso i remi in barca. A sorpresa? Veramente fin dal primo momento mi sono chiesto perché dei pezzi da novanta dell’imprenditoria italiana (Emma Marcegaglia, Luca di Montezemolo, Marco Tronchetti Provera solo per citarne tre) lo avessero chiamato a difendere la causa giusto giusto quando un altro big ligure aveva deciso di candidarsi, quel Tonino Gozzi che è alla guida di Federacciai. E che inizialmente Garrone aveva detto di sostenere.
Mi tengo le risposte che mi sono dato, perché sono frutto solo di congetture, pure un po’ maliziose. Però resta difficile tacere quando leggi che, nella lettera inviata ai colleghi, Garrone si appella all’unità confindustriale e dice che non sarebbe stato un presidente libero di fare le sue scelte, perché avrebbe dovuto accettare dei compromessi.
Di grazia: e da quando un presidente di Confindustria non fa dei compromessi? Prima di tutto li fa proprio nello scegliere la propria squadra: chi lo ha sostenuto si aspetta, giustamente, giu-sta-men-te, un riconoscimento. Nessuno scandalo e anche, scusi tanto Garrone, nessuna limitazione. Sarebbe più credibile dire che la missione era impedire l’elezione di Gozzi.
Certe cose, invece, non si ammettono. In un bel pezzo sul Secolo XIX, il collega Giovanni Mari spiega che a Genova prevale da sempre la logica del “contro” invece che del “per” (ah: lo dice pure Garrone, ma in tal caso non riesco a credergli). In più, definisce “barocco” il sistema per l’elezione del presidente confindustriale.
Ecco, il termine è davvero esatto. Barocco e pure poco trasparente. E pure poco credibile. Come quando gli imprenditori dicono che i salari italiani sono troppo bassi. Scusate, ma chi li paga i salari? Già, bisognerebbe prima di tutto ridurre i versamenti fiscali e quelli previdenziali, sosteneva Confindustria. Mai che si sollevasse la questione dei profitti. Che invece sono cresciuti, negli ultimi anni.
I salari no. Anzi, sono stati anche erosi dall’inflazione. Poi un’inchiesta giudiziaria scopre che forse una primaria griffe usava una propria società operativa facendo pagare il lavoro tre euro all’ora. Siccome sono garantista non faccio neppure il nome di quell’azienda. Però, nello specifico e in generale, ho la sensazione che si vogliano pubblicizzare le perdite e privatizzare i profitti. Almeno qualche dubbio posso farmelo venire?
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