Ho appena finito di scrivere un libro-intervista con Gabriele Albertini, ex sindaco di Milano sulla “lezione” che la vittoria di Pisapia ha dato al capoluogo lombardo e soprattutto al centrodestra berlusconian-bossiano. Un’intervista a distanza, realizzata grazie a Skype, cominciata prima della scorsa estate e che abbiamo dovuto ritoccare e aggiornare parecchie volte, fino all’avvento di Mario Monti. La destra sconfitta che si è vista voltare le spalle dalla borghesia milanese è un po’ come il popolo militante del Pd (quello così ben rappresentato nelle Feste dell’Unità) che ha voltato le spalle ai capi del partito in quella che, un po’ semplicisticamente, definiamo da anni “la roccaforte rossa” del Nord.
Dunque possiamo parlare anche di una “lezione di Genova” dopo la vittoria di Marco Doria? Sì, se intendiamo le due letture possibili della parola “lezione”. Lezione intesa come comunicazione di un sapere e lezione come esemplare dimostrazione di un errore: che lezione vi siete presi! Che lezioni vi ho dato!
Doria ha comunicato che il rinnovamento predicato senza spocchia dalla prima intervista non è necessariamente generazionale: non basta essere giovani per cambiare. Lui non lo è, ma rinnova. Rinnova soprattutto perché non rinnega la politica e non sposa come fa Renzi l’antipolitica. Non ha bisogno di lanciare proclami di rottamazione aperta. Non chiede catarsi o plotoni d’esecuzione. Non promette ma si impegna. Non cinguetta su twitter, ma bussa alle porte.
Ora Doria deve essere un po’ meno schizzinoso verso gli strumenti banali della politica che sono i politici e il linguaggio dei partiti che nessuno è ancora riuscito a cambiare. Non piacciono , ma ci sono. Personalmente ho molte riserve sia sulla gronda che sul terzo valico, per esempio, ma vedo all’orizzonte scarse alternative alla lotta contro l’isolamento fisico di Genova. Mi piacerebbe che Doria, se le ha, me le spiegasse. Così per quello che riguarda il trasporto pubblico o il welfare messo a dura prova dalla scarsità di denari.
La lezione intesa come esemplare dimostrazione è chiarissima.
Tutti i pronostici e le speranze di alcune lobbies (piccole, piccolissime lobbies!) sono andati in fumo, dimostrando finalmente che i meccanismi delle botteghe sono allo sfascio. I due “giovani” segretari del Pd si fanno correttamente da parte, ma mi piacerebbe sapere se anche i “nonni del potere” che sono stati i veri responsabili della frattura interna del Pd, finalmente andranno a giocare a bocce o a controllare (senza pericolo di fare altri danni) i lavori in un cantiere della metropolitana con le braccia incrociate dietro la schiena.
Il Pd ha molte risorse pronte a emergere, per usare un trito linguaggio politichese. Che emergano una buona volta e dimentichino la politica dei gruppi di potere interni, che parlino di politica, alta, media e bassa, laddove per bassa intendo le difficoltà di tanti cittadini che magari non fanno parte del popolo delle primarie, dei seguaci di una o dell’altro, ma hanno diritto di vivere in una città normale: dove si lavora, dove si usa il bus, si va a scuola o all’asilo, si crea impresa, si costruisce bene, si pagano le tasse, si fa la raccolta differenziata, si va a teatro, si fa musica, si parte e si arriva.
E’ l’”isola che non c’è”? No è soltanto “normale”. E’ chiedere troppo?
Mario Paternostro
@Pater1947
Politica
Dopo quella di Milano la lezione di Genova
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