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Al Senato, il governo incassa la fiducia sul maxiemendamento al Ddl Delrio che recepisce le modifiche apportate al testo dalla commissione Affari Costituzionali e le osservazioni della commissione Bilancio. Il ddl, che ora torna alla Camera, passa con 160 "sì", 133 "no".



La discussione che aveva fatto traballare le forze che sostengono il governo è anche legata a una corsa contro il tempo: il decreto Delrio infatti prevede il commissariamento delle Province in scadenza fino al 31 gennaio 2014. Se il provvedimento non passa, le province in scadenza vanno al voto a maggio (come per esempio quella di Savona) e pure quelle già scadute (come Genova e La Spezia). Il Ddl prevede anche il trasferimento di alcune competenze e l’entrata a regime delle Città metropolitane il 1 gennaio 2015. Province e Città metropolitane saranno organi di secondo grado.

Le tensioni legate a questo provvedimento sono molte: da alcuni versanti della maggioranza sono arrivati inviti a ritirare il Decreto, nell’ottica di far ripartire una riforma più complessiva degli enti locali e territoriali che comprendesse anche le Regioni. Altri hanno espresso dubbi sulla costituzionalità della norma.L’Unione delle Province Italiane ha espresso forti critiche parlando di “riforma, banale, confusa, superficiale che di fatto non elimina le Province e dunque non riduce i costi“  Renzi, però, ha imposto la fiducia, ignorando critiche e richieste. Oggi pomeriggio è previso il voto a Palazzo Madama. Il Ddl Del Rio potrebbe passare, ma sul filo di lana.

E c’è chi ha votato contro, confermando la contrarietà al documento: "Amareggia vedere il governo mettere la fiducia su questo Ddl – commenta il senatore Maurizio Rossi, indipendente del gruppo Per l’Italia -. E' un atto di arroganza politica. Il segnale che il governo Renzi ha avuto non è di sfiducia ma di invito al ritiro di un Ddl sbagliato che aumenta i costi per il cittadino lasciando anche molte deleghe vacanti. E' decreto solo di immagine come il precedente suo voto sulle preferenze di genere. Io non mi faccio ricattare dal voto di fiducia, non devo restare a Roma a dispetto dei santi. Continuerò a votare secondo coscienza e questo Ddl non lo voterò”.

Oltre al senatore di "Per l'Italia" Maurizio Rossi anche il suo collega Tito di Maggio ha votato contro il Ddl Delrio nonostante il governo ponga la questione di fiducia. Così, per fare il punto su quale dovrà essere la posizione del gruppo sul testo, i senatori centristi hanno convocato una riunione che si dovrebbe tenere subito dopo la Conferenza dei capigruppo di Palazzo Madama durante la quale il governo dovrebbe ufficializzare la richiesta del voto di fiducia.