
Secondo la Corte, l'accordo quadro sul lavoro a tempo parziale "ammette una normativa che consente al datore di lavoro di disporre, per ragioni obiettive, la trasformazione del contratto di lavoro da contratto a tempo parziale in contratto a tempo pieno senza il consenso del lavoratore interessato".
La Corte precisa che "in virtù della legge 183/2010 del 4 novembre 2010, tutte le amministrazioni pubbliche possono, entro 180 giorni dall'entrata in vigore della stessa, nel rispetto dei principi di correttezza e buona fede, sottoporre a nuova valutazione i provvedimenti di concessione della trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale già adottati".
La sentenza riguarda il caso della signora Mascellani, funzionario del Ministero della Giustizia in servizio presso il Tribunale di Trento a tempo parziale dal 28 agosto 2000. Il Ministero della Giustizia, con decisione dell'8 febbraio 2011, ha unilateralmente posto fine a tale regime imponendole il tempo pieno a decorrere dal 1° aprile 2011. Nella controversia che ne è derivata, il Tribunale di Trento chiede alla Corte di giustizia se la trasformazione del rapporto di lavoro da tempo parziale a tempo pieno in forza della legge n. 183/2010, senza il consenso della sig.ra Mascellani, sia contraria alle disposizioni dell'accordo quadro sul lavoro a tempo parziale.
Nella sua sentenza la Corte ricorda anzitutto che "la direttiva 97/81 e l'accordo quadro sono diretti a promuovere il lavoro a tempo parziale - su basi accettabili sia per i datori di lavoro sia per i lavoratori - e a eliminare le discriminazioni tra i lavoratori a tempo parziale e quelli a tempo pieno".
L'accordo quadro "rimette agli Stati membri e alle parti sociali la definizione delle modalità di applicazione dei principi generali, prescrizioni minime e disposizioni, al fine di tener conto della situazione in ogni Stato membro" . Ed "esclude che l'opposizione di un lavoratore a una trasformazione del proprio contratto di lavoro da tempo parziale a tempo pieno possa costituire l'unico motivo del suo licenziamento, in assenza di altre ragioni obiettive".
IL COMMENTO
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