Mi raccontano che la candidata Pd alla presidenza della Regione Liguria, Raffaella Paita, abbia fatto un vero “cazziatone” al suo attuale collega di giunta e sostenitore, Enrico Vesco. Colpevole di aver esplicitamente consegnato ai nostri microfoni la sua indisponibilità (“Con certi personaggi non ci sto”) a entrare nella lista pro-Paita avendo come compagni di viaggio Pierluigi Vinai e Roberto Schneck. Compagni? Ma quando mai! I due sono ex forzisti di provata fede, corroborata da incarichi multipli ricoperti prima di essere folgorati sulla via del renzismo in salsa burlandian-paitiana e il cui principale gusto, al loro palato, è giustappunto quello di partecipare al banchetto dei vincitori (presunti, fino a prova contraria) per lucrare un posto.
Di Vesco assessore ai trasporti i liguri non hanno contezza di mirabolanti risultati (chiedere ai pendolari ferroviari, per sapere), ma qui non si parla di amministrazione e allora il suo maldipancia, essendo le sue radici a sinistra, risulta quanto mai comprensibile. Non ho capito se agli occhi della signora Paita il torto di Vesco sia di averlo reso pubblico o di averlo fatto con Primocanale. Quale che sia l’origine della sua arrabbiatura, la candidata mostra di avere una visione sfocata delle cose, così impegnata a cercare ogni briciolo di consenso da perdersi per la strada anche quegli spiccioli di buonsenso che, al contrario, dovrebbero indurla a ringraziare sia Vesco sia noi.
L’assessore - al di là della genuinità, di cui non dubito, del suo malessere a mettersi con Vinai, Schneck e altri della stessa genìa - sa di avere il suo bacino elettorale a sinistra, quindi dichiarando quel che ha dichiarato ha preservato la propria immagine e qualche buona ragione dei suoi elettori a confermagli la fiducia. Ha salvato dei voti. Un servizio reso a sé e, per proprietà transitiva, alla stessa Paita.
Primocanale è stato lo strumento di questo “gioco”, perché un conto è dire certe cose incontrando gente e facendo cose, un altro farlo davanti alla ben più ampia platea televisiva, che copre capillarmente l’intera Liguria come non consentirebbe qualsiasi pellegrinaggio elettorale. Quando ho chiesto al collega Luca Russo di “acchiappare” Vesco e porgli la domanda galeotta, ero perfettamente consapevole che – se l’assessore avesse risposto come ha fatto - avrei favorito anche la candidata Paita. Notoriamente non la reputo all’altezza del ruolo al quale desidera assurgere (nondimeno, se fosse eletta e mi smentisse ne sarei lieto per tutti noi), ma la santa regola di un giornalista è quella che se hai una notizia (il maldipancia di Vesco), prima la verifichi (domanda a Vesco) e poi la dai (l’intervista in tv a Vesco e il pezzo sul sito), senza preoccuparsi del “cui prodest”. O, specularmente, a chi possa fare danno.
La vicenda è per certi versi minimale nella confusione politica che alberga sotto il cielo delle regionali liguri, ma indicativa. Come lo è l’improvviso rigurgito di antifascismo esibito da Paita per controbattere sui social alla visita genovese di Matteo Salvini, sabato scorso. E’ la stessa Paita, peraltro, che non ha disdegnato gli endorsement in consiglio regionale e l’appoggio alle primarie di esponenti che vengono da quella storia, come Eugenio Minasso e Alessio Saso, ancorché possano esibire sul loro biglietto il prefisso post. Sarò duro di comprendonio, ma non afferro: la vera Paita è quella che flirta con gli ex missini o quella che (ri)sbandiera i valori della Resistenza? L’argomento è delicato, attenzione a maneggiarlo secondo le convenienze del momento.
Quel prefisso, post, a ben vedere è lo stesso che qualifica comunisti di vecchia data, sia passati attraverso le mutazioni genetiche e di marchio della “ditta”, come la chiama Pierluigi Bersani, fino al Pd di oggi, sia ormeggiati in reti di sinistra che si stanno autoflagellando nella disperata e per ora vana individuazione di un candidato da contrapporre proprio a Raffaella Paita. In verità un nome sul tavolo c’è ed è quello di Giorgio Pagano, ma non si riesce a capire bene – anche questo, per carità, sarà un mio limite – quali siano le controindicazioni che stanno in capo all’ex sindaco della Spezia.
Di sicuro, dal dopo-primarie in poi lo spettacolo che stanno mandando in scena sul versante di sinistra è almeno stucchevole. Si ripete che l’obiettivo è battere la candidata del Pd, che però serve un “progetto per” e non solo una “strategia contro”, ma alla fine non si coglie quale sia l’uno, quale sia l’altra e perché sia così difficile trovare un candidato, né per quale motivo si voglia bruciare quello che invece ci s(t)arebbe. E’ l’antico vizietto dei “sinistri” di dividersi su tutto, anche per semplici questioni di sfumature, probabilmente condito da questioni personali che non sono affatto prerogativa del mondo esterno, secondo la filosofia del presunto primato morale rivendicato in passato e talvolta pure adesso. La sinistra, invece, è percorsa dalle umane debolezze come tutti gli altri e l’esibizione ligure-genovese ne è la plastica dimostrazione. Avanti di questo passo, Raffaella Paita dovrà dire grazie per davvero a questi anti-paitiani.
Come, probabilmente, dovrà fare, nel centrodestra, Edoardo Rixi. Le cui fila di sostenitori provenienti da Forza Italia si stanno ingrossando. Grazie a chi? Al berlusconiano coordinatore regionale Sandro Biasotti, che a furia di sfornare nomi di potenziali competitori alternativi al vice-leader leghista, finisce per rafforzarne la candidatura. Mamma mia. Fermate la Liguria, voglio scendere!
politica
Centrodestra-sinistra caos e i “cazziatoni” di Paita
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