«Ho ideato questo stendardo – spiega il Maestro Tomaino - ripensando alla storia di San Venerio. I santi sono sempre un po’ misteriosi, a volte esistono, a volte no. Non hanno mai una fisionomia particolare, ma sono più che altro un’identità. Hanno questa aurea di santità che a volte viene un po’ costruita e idealizzata, ma alla fine di un santo si sa sempre molto poco. San Venerio viveva all’Isola del Tino e si narra che accendesse dei fuochi per permettere ai naviganti di vedere l’isola, tant’è che San Venerio è anche chiamato il santo dei faristi. Lo ho disegnato rifacendomi un po’ allo stile medievale, poiché la sua epoca è quella del 460, inizi del 500.
"Ho poi disegnato - chiude Tomaino - le fiamme, per ricordare da una parte il fuoco, ma dall’altra anche la passione. Ho usato molto rosso, precisamente due tonalità, una per il santo e una per le fiamme. Sotto San Venerio sono stati rappresentati dei vogatori in maniera simbolica, in modo da costituire il legame con il mare, con la barca, con il remare. I vogatori sono rappresentati in monocromia proprio per evitare che si potessero identificare in una borgata piuttosto che in un’altra».
IL COMMENTO
Le strade dei “ragazzi partigiani” che raccontano gli eroi del 25 aprile
Ti ricordi Sergio Castellaneta, un anticipatore populista e non solo