Dice Matteo Renzi: "Ora è chiaro che il governo tirerà dritto fino al 2018". Cioè arriverà alla scadenza naturale della legislatura. Il premier ha ragione a festeggiare: l'approvazione a Palazzo Madama della riforma del Senato era una strettoia difficilissima per lui e per il suo esecutivo. Il voto certifica che almeno per ora cade un possibile presupposto politico per andare anticipatamente alle urne. Ma la cosa finisce lì. Il resto è pura propaganda. Una vera truffa comunicativa, complice la gran parte dell'informazione scritta e parlata, che presenta per fatta una riforma che, invece, ha solo superato un altro ostacolo, sebbene importante, in attesa degli altri passaggi parlamentari che ancora sono necessari. E, soprattutto, in previsione di quello che davvero sarà l'atto finale, trattandosi di revisione costituzionale: il referendum confermativo.
La grancassa sulla "riforma portata a casa", dunque, è una mistificazione, offensiva proprio nei confronti degli italiani. La loro opinione sembra contare sempre meno. Anzi, non conta niente. Difatti siamo in un Paese guidato da un premier privo di investitura elettorale (a parte quella parzialissima delle primarie per la segreteria del Pd) e che adesso sottrae ai cittadini, peraltro come già faceva la legge opportunamente definita Porcellum dal suo stesso estensore, anche il diritto di scegliersi i futuri senatori-consiglieri regionali. Eppure, a leggere tutti i sondaggi emerge che gli italiani sono spaccati in tre: un terzo è favorevole alla riforma com'è concepita, un terzo è contrario e un altro terzo (abbondante) ancora non ha un'opinione precisa o non ce l'ha affatto.
Che cosa può rendere così ottimista Renzi sull'esito finale se non la disistima nei confronti dei cittadini, ritenuti un popolo bue che lui al momento opportuno saprà blandire e portare dalla sua parte? Il premier, però, dovrebbe stare attento a questa sicumera che tracima nell'arroganza: esistono mirabili esempi di porporati entrati Papi nel Conclave e da lì usciti, invece, ancora cardinali. Se, putacaso, il referendum bocciasse il nuovo Senato, Renzi non potrebbe affatto evitare il voto anticipato, altro che tirare dritto fino al 2018. Solo che conviene tenerlo nascosto, questo "dettaglio", e avanti tutta nel battage sull'approvazione di ieri in Aula.
Entrando nel merito del provvedimento, a guardarlo con occhi liguri basterebbe il calcolo fatto dal senatore Maurizio Rossi per renderlo irricevibile: "La Liguria con un milione e mezzo di abitanti eleggerà due senatori, la Valle d'Aosta e le province autonome di Trento e Bolzano, con 1,2 milioni di abitanti, ne eleggeranno sei". Alla faccia dell'equilibrio della rappresentanza territoriale, visto che con l'attuale sistema la Liguria ha invece diritto a otto senatori.
In realtà, però, è tutto l'impianto a essere poco convincente, perché la riforma conduce verso un sistema a "premierato spinto" che - lo dicono fior di costituzionalisti - rimedia alla debolezza di un governo oggi spesso ostaggio delle pastoie parlamentari, ma crea il problema ben più grave e serio della mancanza di contrappesi alla nuova forza dell'esecutivo. Un gioco di equilibri su cui si basa non solo la nostra Costituzione, ma del quale tengono conto le Carte di tutti gli altri Paesi, compresi quelli strumentalmente presi ad esempio dai sostenitori della riforma renziana. Va bene superare il bicameralismo perfetto, ma, al netto dell'aspetto propagandistico, l'affermazione che si rischia una deriva autoritaria è fondata ed è un argomento al quale gli elettori faranno bene a prestare molta attenzione quando verrà il loro momento di esprimersi.
La riforma del Senato, del resto, sembra fatta su misura per consentire a Renzi di tirare dritto si', ma oltre il 2018, con il puntello di una nuova legge elettorale - l'Italicum - il cui obiettivo è privilegiare il partito che avrà più voti, anche se in realtà fosse minoranza nel Paese (da più tornate il vero vincitore è il partito dell'astensione), ritenendo che quel ruolo possa essere ragionevolmente conquistato dal Pd, di cui il premier è anche leader.
Comunque lo si rigiri, dunque, il pacchetto delle riforme rimanda indietro il boomerang degli squilibri costituzionali-istituzionali. Per quanto l'Italia abbia bisogno di superare i vecchi schemi, un sistema che complessivamente non tiene più, quello scelto non è il modo migliore per farlo. Dice Anna Finocchiaro, che certo non può essere tacciata di simpatie verso il premier: "Il tratto principale dei renziani è la grinta, la convinzione che nulla è impossibile". Un'affermazione che la Finocchiaro declina come se stesse parlando di un pregio. Invece, nulla è impossibile anche nel male.
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Senato, la festa di Renzi è un'offesa agli italiani
"Avanti fino al 2018". Ma non c'è ancora il referendum?
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