
Questo innato mescolarsi di arte principesca, di cultura popolare, di politica rivoluzionaria e bastiancontraria (nella storia della città), di capponmagri e frisceu, di damaschi e velluti , spesso imprigionati alla vista immediata, si innestano nella grande città metropolitana, coacervo di contraddizioni spesso non volute, anzi.
Da questo centro storico che sta vivendo un grande spolvero di ammirazione incondizionata, pochi chilometri e là a ponente la città (la sua gente così martoriata) vive la tremenda quotidianità della catastrofe di un immenso ponte che le crolla sulla testa, uccidendo innocenti.
La curiosità dello straniero è spinta anche a andare a vedere questa follia della criminalità umana, là sopra via Fillak, dove un grande ponte autostradale divenne il tetto più alto su strade e caseggiati di un quartiere popolare e popoloso. Vedere con i propri occhi come è un ponte che si sbriciola sulla gente nell’epoca della super tecnologia che ha perso la sua battaglia contro la serietà e il buonsenso dell’uomo che avrebbe dovuto controllare e segnalare guai e rischi.
Genova è tutto questo: splendori e rovine. Ma sempre ambedue voluti dall’uomo.
Il 42% di visitatori in più, in questo lungo periodo di feste, per lo più concentrati tra i Rolli della città antica, ma qualcuno anche là, dal ponte, dalla tragedia che ha fatto notizia nel mondo, devono far riflettere gli amministratori.
Genova ha riscoperto la sua anima. Ma bisogna non farle del male.
IL COMMENTO
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