GENOVA - È l'ora della verità per la tragedia di Ponte Morandi avvenuta il 14 agosto del 2018 e costata la vita a quarantatrè innocenti. Davanti al Tribunale i famigliari delle vittime si sono riuniti per entrare nella tensostruttura adibita al maxi processo. Un momento difficile per molti di loro, che però è una speranza. Lo ha spiegato ai microfoni di Primocanale Egle Possetti, presidente comitato Ricordo Vittime Ponte Morandi: È una giornata difficile ma molto importante perchè è l'inizio di un percorso difficile e faticoso che spero però possa portare a giustizia per i nostri famigliari. Ci aspettiamo ancora tanti schiaffi e pugni, siamo pronti a vedere di tutto, però abbiamo nel cuore la tranquillità di un impianto accusatorio impressionante, già solo con la documentazione che abbiamo visto potremmo chiuderla qua oggi".
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Dopo questa udienza, che potrebbe protrarsi sino al tardo pomeriggio, come detto, il processo si fermerà sino a metà settembre quando il calendario delle udienze inizierà a correre con tre udienze alla settimana. Obiettivo: arrivare al verdetto entro fine 2024, per evitare prescrizioni e garantire alle famiglie delle 43 vittime, la presenza sino alla fine del pm Terrile, il mastino che ha messo in un angolo i capi di Autostrade per l'Italia: "Speriamo che questo processo sia veloce per evitare la prescrizione, quindi la fine, che è stata ipotizzata nel 2024, sia anticipata. Noi cercheremo di entrare nel processo come parte civile in quanto comitato: abbiamo avuto notizia che tante parti civili stanno cercando di presentarsi ma crediamo che all'interno di un procedimento di questo tipo ci fossero degli aggiustamenti, certe richieste, che sono sicuramente da garantire, possano avere una via diversa. Questo perchè si rischia di prolungare l'appello, ci sono più testimoni".
"Entrando qua dentro è uno sforzo ciclopico. Non devi pensare, devi fare le cose in modo obbiettivo e serio perchè è l'unica via per dare ai nostri famigliari una sorta di riscatto, però per farlo dobbiamo ingoiare tanti rospi"
Processo che vedrà in scena, davanti al tribunale, anche la protesta dei giornalisti a cui non basta, come disposto dal giudice Lepri, poter filmare e fotografare per dieci minuti in una delle quattro aule approntate per il processo. "No al bavaglio e vera libertà di stampa" urleranno i cronisti che si oppongono all'assunto che le telecamere potrebbero rendere il processo uno "spettacolo". Su questo Egle Possetti concorda: "La spettacolarizzazione la vicenda l'ha avuta dal primo giorno, perchè che un ponte crolli uccidendo 43 persone è già un qualcosa da film holliwodiano. Chi lo ha permesso ha già spettacolarizzato la vicenda. Per noi sarebbe fondamentale che nelle fasi più importante i cittadini potesse vedere quello che sta emergendo: è vero che i cittadini si informano poco, però si sa anche poco. A volte racconto determinate cose e la gente mi guarda stupita. Sarebbe importante che almeno nelle fasi cruciali del processo, per noi parenti che non possiamo, purtroppo, essere qui sempre, avessimo la possibilità di vederle in tv".