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Attualità

Donna. Vita. Libertà. A questo inneggia Menhaz, giovane iraniana arrivata a Genova quattro anni fa per frequentare l'università e nel pomeriggio di ieri in piazza, insieme ai suoi compaesani. Dall'oppressione alla censura Menhaz racconta la vita in Iran
2 minuti e 22 secondi di lettura
di Aurora Bottino
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GENOVA - "La paura c'è, per i miei genitori, mia sorella, ma non solo. Ho paura per tutti gli iraniani, e per questo sono qui". Donna. Vita. Libertà. A questo inneggia una giovane iraniana arrivata a Genova quattro anni fa per frequentare l'università che nel pomeriggio di ieri è scesa in piazza insieme ai suoi connazionali per un sit-in di protesta.

'Siamo tutte Mahsa Amini': A Genova in centinaia per la protesta contro la polizia religiosa in Iran - LA MANIFESTAZIONE

Così dopo essersi coperta il viso con mascherina e occhiali da sole così da non essere riconoscibile, racconta la vita in Iran, paese in lotta tra presente e passato: da una parte l'obbligo dell'hijab e almeno 31 esecuzioni capitali pubbliche solo nel 2017, dall'altro smartphone, tv e lo stile occidentale.

Da una parte la possibilità di scegliere, dall'altra restrizioni, censura e l'occhio attento della polizia religiosa. "Non abbiamo diritti, o almeno non quelli che avremmo qui. Non possiamo decidere come vestirci, cosa fare, a volte neanche chi sposare. E l'oppressione, il pericolo, esiste anche per i ragazzi. Anche loro rischiano una punizione se anche solo indossano i pantaloncini corti".

Proprio la polizia morale, il corpo delle forze dell'ordine iraniane incaricato di arrestare chi viola il rigido codice di abbigliamento del paese, è ora sotto la luce dei riflettori. A infiammare le proteste che vanno avanti da dieci giorni in tutto l'Iran è infatti la morte di Masha Amini, 22enne curdo - indiana deceduta dopo essere stata arrestata e duramente picchiata per una ciocca di capelli di troppo fuori dall'hijab. Un primo bilancio delle manifestazioni, secondo il gruppo con sede a Oslo Iran Human Rights, racconta di 76 persone uccise durante la repressione delle forze dell'ordine. 

In piazza, in questi giorni, cittadini di ogni sesso, classe sociale e età. "Il problema è profondo e per questo lo sentono tutti, l'Iran è cambiato dopo la rivoluzione. Per le donne soprattutto: fin da quando siamo bambine e iniziamo ad andare a scuola, dove siamo separati per genere, fino al divorzio, ormai impossibile e punibile con la morte. Per viaggiare è necessario il permesso di padre o marito se sposati, mentre fare il passaporto da sole è quasi impossibile".

"Ma non solo quello, per le città non ci sono locali o discoteche, non ci è concesso avere un cane come animale domestico perché è vietato portarli a spasso e se mai venissimo trovate mano con la mano con un uomo, dovremmo dimostrare di essere legalmente sposati, altrimenti saremmo sicuramente portati in prigione. Viviamo nella paura".

Ora come ora, se dovesse scegliere, rimarrebbe in Italia. Ma non per sempre: "Tornerei, è la mia casa e amo il mio paese, ma non se tutto rimarrà uguale. Per questo protesto. Per la prima volta le manifestazioni stanno avendo il risalto mediatico che abbiamo sempre sperato e tutti ne parlano: voglio che la nostra si senta, forte e chiara, solo così ci riprenderemo l'Iran".

 

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