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Attualità

La denuncia dei cacciatori si basa sulla regola che impone di cremare tutte le carcasse trovate nella zona rossa, anche quelle negative alla peste suina
2 minuti e 34 secondi di lettura
di Aurora Bottino

GENOVA - Una lunga lettera firmata dai cacciatori liguri al Governo per forzare la mano e chiedere di iniziare le operazioni di depopolamento di cui si era parlato dopo lo scoppio della peste suina.

Dopo aver fotografato la situazione, a quasi un anno dall'inizio delle restrizioni a Genova e dintorni, i cacciatori di cinghiali cercano ora di tornare alla normalità, quella dove era possibile l'autoconsumazione dell'animale abbattuto. 

"La situazione non è più sostenibile - si legge nella lettera -. Il depopolamente dei cinghiali è diventata una priorità nella nostra Regione e non solo per il contenimento della peste suina africana, ma soprattutto per motivi di ordine pubblico".

Al momento, la caccia è consentita solo al di fuori della zona rossa compresa tra Arenzano a Vobbia passando per Campomorone e Pieve Ligure. "L'unico strumento che può ritenersi efficace, considerata la geografia del nostro territorio, è la caccia a squadre con l'uso dei cani".

Secondo Federcaccia Liguria sono diverse le cose che il ministero della Salute deve prendere in considerazione per poter risolvere la situazione della Liguria. Tra le prime, la semplificazione delle procedure per la rimozione dei cinghiali dal bosco: al momento è previsto che vengano trasportati in sacchi ermetici per evitare che si contamini il terreno, problema inesistente secondo i cacciatori visto che "il medesimo animale ha pascolato e ha vissuto su quello stesso terreno per mesi".

"Inoltre, considerato che per tutti gli animali abbattuti è previsto il campionamento e la successiva analisi, non si comprende per quale motivo i cinghiali prelevati in una zona non possano essere destinati all'autoconsumo come quelli prelevati in una vicina, considerato che non esiste alcuna delimitazione fisica tra i due ambienti".

I cacciatori mettono l'accento sull'articolo del regolamento europeo che indica come unica precauzione quella di non traportare o commercializzare al di fuori delle zone circoscritte i cinghiali trovati all'interno. La legge "non vieta assolutamente la caccia e l'autoconsumo delle carni dei capi abbattuti, ovviamente dopo l'esito analitico di negatività", attaccano.

Esiste inoltre un problema economico non di poco momento. "I cacciatori liguri hanno manifestato di non essere intenzionati ad abbattere cinghiali se tali capi dovranno essere inceneriti, anche se negativi alla Psa. Pertanto, senza l'autoconsumo i cacciatori non interverranno in tale operazioni e quindi bisognerà ricorrere ad improbabili figure professionali che dovranno essere ovviamente retribuite" continua la lettera.

"Inoltre il costo per la cremazione di ogni cinghiale attualmente è pari a euro 500 e considerato che è raccomandato il prelievo di qualche decina di migliaia di capi, tale operazione andrà ad incidere ingiustamente sulle tasche dei contribuenti, ma prima o poi, qualcuno dovrà essere chiamato a rispondere di tale inutile spreco di denari pubblici". 

Proprio per questo i cacciatori minacciano di non abbattere nessun cinghiale, dal momento che una volta uccisi dovrebbero consegnare gli animali all'Asl veterinaria per le analisi del caso e, anche dopo, se con esito negativo, non potranno riaverli. La stagione di caccia è ormai alle porte: dal prossimo 2 ottobre il Priu - Piano regionale di interventi urgenti per la gestione, il controllo e l'eradicazione della psa − prevede che si potranno abbattere fino a 35.451 cinghiali, vale a dire il 180% di quanto fatto nell'ultimo anno.

 

 

  

  

 

 

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