All'Accademia della Crusca è stata richiesto un parere sulla possibilità di poter usare il femminile per una serie di professioni e ruoli. A rispondere, a Primocanale, è Vittorio Coletti, docente universitario di Storia della Lingua e Accademico della Crusca: "L'Accademia ha fatto notare che normalmente si può fare il femminile di tutti i nomi delle professioni. Come cuoco e cuoca, si può fare sindaco e sindaca, ci può essere architetto e architetta, avvocato e avvocata. Non c'è problema per quanto riguarda la lingua e la sua storia".
Più complessa invece la questione legata agli articoli davanti a nomi e cognomi femminili. Dice il professor Coletti: "Il problema nasce di fronte all'idea che viene da alcuni respinta che l'uso dell'articolo davanti a cognomi di donna ('la' Bianchi, 'la' Rossi) sia discriminatorio e qui l'Accademia si è limitata a dire che no, non è discriminatorio. Oggi viene percepito come tale e quindi si può cercare di evitare".
"Ma più che discriminatorio è distintivo. L'articolo di fronte al cognome e nome per esempio è un tratto molto diffuso nell'italiano settentrionale anche davanti ai maschili. In ogni caso "dire 'La' Rossi non è di per sé negativo, anzi è tratto di distinzione e di riconoscimento della specificità", spiega ancora il professore. Che commenta: "A volta si fa tanta attenzione al linguaggio e poi non si capisce la differenza tra discriminazione e distinzione. La distinzione è il riconoscimento di una proprietà la discriminazione è usarla per escludere. Poi ci sono tante professioni e ruoli e non sempre è facile suggerire il nome femminile".
Vi è poi l'utilizzo dei segni grafici come l'asterisco o lo schwa (ə), su cui la Crusca è contraria. "Non per principio - rassicura Coletti - ma perché la grafia è un patto sociale che dura secoli e la società è talmente affezionata alle sue tradizioni ortografiche che anche quando si fanno cambiamenti è molto difficile accettarli. Men che mai se si introducono segni per suoni che in italiano non ci sono. Introdurre suoni come la schwa, la e muta, è ancora più difficile. L'italiano ha una bella caratteristica che ci invidiano: avere un buon rapporto tra grafia e pronuncia. Non è il caso di romperla in maniera discutibile".
IL COMMENTO
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