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Antonio Apa (Uilm): "Cornigliano ha bisogno di circa 300-400 milioni di euro di intervento. Bisogna smettere di fare marce e marcette, è un problema solo politico, o si risolve a quel livello o altrimenti rischiamo di perdere settore un strategico del Paese"
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di Andrea Popolano
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GENOVA - Giorni caldi per quanto riguarda l'Ex Ilva di Genova (oggi Acciaierie d'Italia). A Cornigliano questo lunedì 2 ottobre è in programma l'assemblea dei lavoratori a cui parteciperanno tutte le sigle sindacali: Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm.

L'obiettivo è far sentire la propria voce, la richiesta è quella di chiarezza da parte del gruppo e del governo sul futuro delle produzioni in Italia e dunque anche a Genova. All'orizzonte, così come già accaduto a Taranto, uno sciopero di 24 ore anche nello stabilimento di Cornigliano con la Fim Cisl e l'rsu che ha già annunciato l'intento. E non è da escludere l'ipotesi di una protesta per le vie della città.

Si sta vivendo "il periodo più buio della storia della siderurgia del più grosso impianto produttivo italiano rischia di giungere al capolinea. Ci sono 1200 lavoratori senza certezze sul futuro" spiegano dal sindacato (Leggi qui).

A livello nazionale l'ex Ilva non vive sogni sereni, per portare avanti il processo di de-carbonizzazione sono necessari 5,5 miliardi di euro e intanto per il 2023 erano stati annunciate 4 milioni di tonnellate ma ci si fermerà a 3 milioni. Nel 2024 il piano prevede di arrivare a 5 milioni di tonnellate, ma a queste condizioni i sindacati vedono il dato lontano da raggiungere.

La presenza negli scorsi giorni dell'amministratore delegato di Acciaierie d'Italia Lucia Morselli nello stabilimento di Taranto in sciopero non ha tranquillizzato gli animi, anzi. Per questo è partita una lettera diretta al governo Meloni e ai suoi ministri (per chiedere la convocazione urgente di un tavolo.

Attualmente Mittal controlla il 62% di Acciaierie Italia e un altro 32% è in mano alla società del tesoro Invitalia controllata dallo Stato. L'opzione di riportare il gruppo sotto il controllo governativo va sfumando. La produzione di Genova Cornigliano è direttamente collegata a quanto accade a Taranto, senza materiale dal polo centrale anche Genova rischia di restare al palo. A inizio estate i sindacati hanno denunciato la mancanza di pezzi di ricambio, fatto che genera il fermo dell'impianto, inoltre è sotto la produzione prevista la banda stagnata, fondamentale per lo stabilimento di Cornigliano perché è l'unico in Italia capace di produrla.  

Il coordinatore regionale in Liguria della Uilm Antonio Apa spiega: "Occorrono piani industriali seri e rapporti tra le sigle sindacali leali per portare avanti obiettivi comuni e un'azione incisiva. Ora c'è di nuovo una trattativa con Mittal, ma questa gente andrebbe cacciata: non hanno portato soluzioni in termini produttivi, non è stato riattivato l'altoforno 5, la siderurgia rischia di fermarsi, non sono state raggiunte le tonnellate di acciaio previste. Per Genova c'è poi il discorso dell'accordo di programma che è stato mitizzato e che ha fatto dei disastri. Da un organico di 2 mila persone siamo passati a circa 900. Poi non è stata rispettata l'evoluzione della siderurgia a Genova con la verticalizzazione del freddo, quello di Cornigliano è uno stabilimento che ha bisogno di circa 300-400 milioni di euro di intervento. Bisogna smettere di fare marce e marcette, questo è un problema solo politico, o si risolve a quel livello o altrimenti rischiamo di perdere un apparato industriale strategico del Paese" conclude Apa.

I sindacati denunciano che "nonostante il finanziamento erogato dallo Stato a inizio anno, il management pubblico-privato aziendale non sta mantenendo nessuno degli impegni presi sui volumi produttivi, gli investimenti, il funzionamento e la manutenzione degli impianti, sul pagamento delle ditte di appalto", questo un passaggio della lettera indirizzata al ministro dell'Economia e Finanze Giancarlo Giorgetti, a quello delle Imprese e Made in Italy Adolfo Urso, a quello del Lavoro Marina Elvira Calderone, a quello degli Affari Europei Raffaele Fitto e al ministro dell'Ambiente e Sicurezza energetica Giliberto Picchetto Fratin.

 

 

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