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Dalla Liguria una delegazione di oltre 300 lavoratori arrivati in pullman e treno: "Servono risposte certe, la situazione attuale è inaccettabile"
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di Andrea Popolano
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GENOVA - Una delegazione di 300 lavoratori dell'ex Ilva di Genova (oggi Acciaierie d'Italia) è scesa in piazza a Roma insieme ai colleghi di Taranto e Novi per chiedere al Governo di prendere in mano la vertenza sulla siderurgia.  In tutto oltre mille lavoratori di Acciaierie d'Italia a Roma. I sindacati Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm chiedono al governo risposte certe per quanto riguarda la produzione siderurgica nel Paese. La delegazione genovese raggiungerà la capitale in pullman, treno e auto. I segretari generali di Fim, Fiom e Uilm, Roberto Benaglia, Michele De Palma e Rocco Palombella sono stati convocati a Palazzo Chigi. I lavoratori chiedono chiarezza e soprattutto investimenti in modo da garantire la sicurezza negli stabilimenti e il futuro produttivo del gruppo. 

E al termine del vertice, il governo ha rassicurato che la trattativa con Arcelor Mittal prosegue, ma se non dovesse approdare a una soluzione soddisfacente, sarà preso in considerazione anche un piano B. Con l'esecutivo che esclude l'ipotesi di una chiusura. Nel frattempo la lotta va avanti: entro il 7 novembre ci sarà un nuovo tavolo tra sindacati e governo. Nell'attesa i lavoratori dell'ex Ilva di tutti gli stabilimenti, compreso Cornigliano, proseguono nello lo stato di agitazione.

Christian Venzano, segretario generale Fim Cisl Liguria spiega: "Vogliamo atti concreti da parte del governo, servono dei segnali perché sono state disattese tutte le cose dette nel tempo. Ora basta bisogna dare un futuro sicuro allo stabilimento di Genova, ormai è a minimi storici a livello produttivo e sicurezza da troppi anni. È inaccettabile tenere in queste condizioni di “sequestro” i lavoratori e gli impianti in un settore così strategico per il paese".

Stefano Bonazzi, segretario generale Fiom Cgil Genova: “Oggi i lavoratori di Genova di Arcelor Mittal sono a Roma per dire basta. La situazione non è più sostenibile negli stabilimenti in tutta Italia: a Genova come a Novi come a Taranto. Abbiamo la necessità di investimenti immediati sugli stabilimenti per dare un futuro alla siderurgia e poi occorre risolvere definitivamente la situazione: serve rilanciare la siderurgia a ciclo integrale in Italia e quindi la lotta inizia oggi e non si ferma sinché non si rivolve la condizione”.

Nello stabilimento genovese di Cornigliano è stato più volte denunciata la mancanza di sicurezza così come la sottoproduzione di quest’anno. Sono circa mille i lavoratori ex Ilva a Cornigliano. Da Regione Liguria e Comune di Genova è arrivato l’appoggio alla lotta sindacale portata avanti a Genova.

Proprio nel capoluogo ligure tre settimane fa i lavoratori sono scesi in piazza per far sentire la propria voce (Clicca qui). Un “Basta cassa” integrazione che ha l’obiettivo di smuovere l’amministratore delegato Lucia Morselli e il governo dalla situazione di stallo. Per il processo di decarbonizzazione previsto servono oltre 5,5 miliardi di euro, una cifra che al momento non sembra esserci.

 A Genova poi si è aperta la questione dell’accordo di programma del 2005 con i sindacati che per la prima volta in 18 anni hanno aperto alla possibilità di rivedere quanto scritto più di salvare occupazione e reddito dei lavoratori ex Ilva (Clicca qui). Al centro soprattutto la questione delle aree. Oltre mille metri quadrati in una zona strategica della città di Genova che fanno gola a molti come ha spiegato il presidente di Regione Liguria Giovanni Toti all’indomani dell’incontro avuto con il ministro del Made in Italy Adolfo Urso (Clicca qui).

Attualmente Mittal controlla il 62% di Acciaierie Italia e un altro 32% è in mano alla società del tesoro Invitalia controllata dallo Stato. L'opzione di riportare il gruppo sotto il controllo governativo va sfumando. 

La produzione di Genova Cornigliano è direttamente collegata a quanto accade a Taranto, senza materiale dal polo centrale anche Genova rischia di restare al palo. A inizio estate i sindacati hanno denunciato la mancanza di pezzi di ricambio, fatto che genera il fermo dell'impianto, inoltre è sotto la produzione prevista la banda stagnata, fondamentale per lo stabilimento di Cornigliano perché è l'unico in Italia capace di produrla.  

 

 

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