GENOVA-"Quando si scappa dalla guerra si perde tutto, anche il sorriso." Ha viaggiato per un totale di circa 30 ore per portare beni di prima necessità al confine tra Polonia e Ucraina e tornare strappando alla guerra ben 60 profughi. È stanco Matteo Niccolai, impiegato comunale residente nei vicoli di Genova, ma sarebbe pronto a risalire sul pullman e rifare tutto da capo pur di aiutare gli ucraini che cercano di scappare dai bombardamenti russi.
Mille e cinquecento chilometri avanti e indietro, fino a Genova, dove è arrivato questa notte insieme ad un grosso gruppo di profughi ucraini. "Abbiamo portato indietro circa sessanta profughi. Io sono solo il capofila di un gruppo di persone che vuole aiutare queste persone, non un eroe. Siamo partiti subito dopo il primo attacco russo, venerdì mattina. Abbiamo affittato un pullman da 50 posti a prezzi popolari grazie ad una ditta di trasporti dell'Imperiese e ci siamo messi in viaggio con anche un camioncino da nove posti e due da sette posti: volevamo portare indietro il maggior numero di persone e per questo si sono anche aggiunte altre due auto da Faenza."
"Ho visto una marea di persone: tante donne con i loro figli che volevano scappare, lasciare la loro casa pur di avere una chance. E poi il freddo, un freddo che non ho mai sentito prima, quasi ti succhiava via la vita." Arrivati a pochi centinai di metri dal confine tra Ucraina e Polonia il gruppo di cui Matteo fa parte, "Movimento spontaneo, persone per le persone", ha iniziato a scaricare vestiti, cibo e medicine raccolti in Italia per il popolo ucraino. Svuotati i pullman dagli scatoloni pieni di aiuti, era il momento di riempire i sedili di persone.
Ucraina, arrivati nella notte 40 profughi-LA NOTIZIA
"C'erano centinaia di profughi ma all'inizio erano tutti molto diffidenti. Si era sparsa la voce che per il 'passaggio' si sarebbe dovuto pagare una tassa, ma chiaramente non è cosi. Sarebbe disgustoso. Noi avevamo già diversi contatti che ci hanno passato i portavoce della comunità ucraina di Genova, e quindi abbiamo riempito velocemente i posti, non avremmo mai chiesto dei soldi. Passata la diffidenza erano troppe le persone che volevano scappare: abbiamo dovuto dire tanti no".
Un programma ben definito quello del gruppo di volontari, perchè così si deve fare per non creare più problemi in una situazione già critica: "Ci vuole un'organizzazione strutturata, partire e andare là, senza sapere dove scaricare i beni raccolti oppure portando profughi indietro per poi lasciarli per strada non ha senso."
"Ancora prima di partire avevamo già trovato molti posti letto per chi avremmo portato a Genova, per molti altri avevamo già organizzato altre opzioni per poter viaggiare verso diverse città dove hanno parenti e amici pronti ad accoglierli. Quattro stanno andando verso Napoli, tre verso la Calabria, molti hanno già trovato qualcuno che li può ospitare a Genova, a Savona e a Chiavari. Sono tantissime le persone che hanno aperto i loro cuori e le loro case a queste persone".
Due giorni di ferie dal lavoro ottenuti all'ultimo minuto per Matteo, che si è sempre dedicato al volontariato e che, davanti alla guerra, ha sentito il dovere di fare qualcosa di concreto: "Questo viaggio mi ha cambiato, ho visto tante donne stanche ma che tenevano duro per i loro bambini. Appena abbiamo passato il confine le ho viste crollare, finalmente al sicuro. Per questo stamattina ho abbracciato forte mio figlio e gli ho ricordato che siamo fortunati, siamo nati nella parte 'giusta' del mondo, è un'ingiustizia ma è così. Lo diceva anche un cantautore, la fortuna è una questione di geografia".