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di Michele Varì
Quando li vedi alla tv sono così lontani, distanti,  come in un film, neanche fossero attori che interpretano sé stessi, facile le battute di chi ha pancia piena, "palestrati", "eccoli, si sono fatti il giro in barca", "uomini codardi che abbandonano le famiglie e il loro Paese", o "chissà che cellulare di ultima generazione possiedono".
Ma quando poi li vedi dal vivo, quando si materializzano davanti a te, in carne ed ossa, i migranti che scendono stanchi a capo chino dalla passerella della Geo Barents di Medici Senza Frontiere, sagome stanche e tristi, sono solo un pugno allo stomaco che ti fa sentire piccolo piccolo. Sono quello che sono davvero: persone che fuggono dalla miseria. E allora pensi a chi vuole chiudere i porti, le porte, il cuore.  Pensi alla fortuna che ho avuto di nascere in Italia piuttosto che in Benin, in Ghana, in Bangladesh. E non posso non pensare che è solo per un gioco del destino non essere fra i 237 che scendono stravolti e provati dalla passerella della Barents dopo cinque lunghi giorni su una nave.

Noi giornalisti, in questo freddo sabato 28 gennaio che non dimenticherò mai, siamo stati blindati su un terrazzino, dove le autorità spezzine ci hanno relegato perché affacciato sulla banchina Arton, dove è attesa la nave della Ong carica di migranti, nell'edificio sotto i nostri piedi per caso, ma non può essere un caso, ci sono i locali e la statua della Stella Maris, la stella del mare, la vergine Maria di chi va per mare.

Siamo una sessantina di cronisti, volti noti delle tv nazionali, sconosciuti delle emittenti locali. Quaranta testata arrivata da ogni parte del mondo, dalla Francia, dal Belgio, dalla Germania. A fare notizia, raccontano i foresti fra di noi, è la scelta del ministro degli Interni Piantedosi che giustificandosi con il suo stesso decreto ha annullato le normative che hanno sempre regolato la vita nel mare, così se soccorri delle persone in mare non devi trasportarle al porto più vicino, ma dove decide lui, il  ministro. Neanche fossero le tappe di una crociera.

La realtà, chi sono quei migranti, la vediamo ora noi davanti ai nostri occhi, e ce la mostra con un video ripreso sul cellulare il capo missione argentino della Geo Barents, che per spiegare perché non ha ubbidito alle direttive di Piantedosi ma alle leggi di chi va per mare, e dell'umanità, dopo avere soccorso i primi migranti in mare martedì, invece di fare rotta verso Spezia - come ordinato dal ministro - ha risposto ad altre due emergenze, soccorrendo altre decine di persone, e non importa che fra di loro ci siano donne e bambini, importa invece che sono tutte persone. Vite sospese in mezzo al mare.

A bordo di sono anche minori non accompagnati, che a Genova sono quasi un'emergenza per i reati commessi da alcuni di loro. Minori che fuggono per sperare in un futuro, che al loro Paese, evidentemente non c'è.

Nessuna mamma sennò rinuncerebbe ad un figlio, e nessun figlio rinuncerebbe alla propria famiglia e ai propri amici.

Emblematica la storia svelata dal prete di una struttura di accoglienza per minori di Montoggio, comune dell'entroterra di Genova, quando mesi fa andammo lì per raccontare la sua grande comunità di minori esempio di integrazione. Il religioso indicando uno dei più giovani del gruppo, un quindicenne egiziano con la faccia da bambino, ci raccontò la sua storia: "Il papà è morto in mare su un barcone, nonostante questo la mamma non ha esitato a fargli intraprendere la stessa strada. Sapeva che il figlio sui barconi avrebbe rischiato la vita, ma sapeva anche che rimanendo in Patria non avrebbe avuto un futuro".
 
(Foto di Medici Senza Frontiere)

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