GENOVA - Ansaldo energia è controllata da Cassa depositi e prestiti, che a sua volta è posseduta dallo Stato italiano. Dunque, Ansaldo energia è a tutti gli effetti una società a maggioranza pubblica. Questo va precisato perché a Genova, sede di "Energia", girano troppe ipocrisie sull'argomento.
Non c'è dubbio, infatti, che sia il consiglio di Cdp sia quello di Ansaldo si muovano e debbano muoversi come fanno i corrispondenti organi delle aziende private, quindi tenendo d'occhio prima di tutto l'equilibrio dei conti. Poi, però, può arrivare il momento in cui non basta più. Se l'azionista principale decide che la sua azienda è strategica e che per questo motivo non vanno sacrificati né posti di lavoro né investimenti futuri, i consigli di amministrazione hanno una sola alternativa: o assecondano i desiderata della proprietà (leggasi il governo di turno, cioè la politica) oppure si dimettono.
In punta di diritto, è vero, nessuno potrebbe cacciare gli amministratori di un'impresa prima della scadenza del loro mandato (a parte casi gravi che hanno a che fare con il codice penale), ma certe resistenze sono nei fatti impossibili. Il discorso vale paro paro nel caso di Ansaldo energia. Il suo amministratore delegato, Giuseppe Marino, se ne va per andare a fare lo stesso mestiere in Hitachi Rail, e la nomina la farà ovviamente il consiglio dell'azienda. Ma l'indicazione arriverà da Cdp. Formalmente in via autonoma, però volete che il governo, rappresentante pro-tempore della proprietà, non dia in realtà la propria indicazione? Chi pensa di no crede ancora alle favole.
Tutto ciò per dire che la ricapitalizzazione di Ansaldo energia è sempre stata una questione politica da sbrogliare (pur avendo attenzione per il bilancio e il piano industriale). E seppure non sia in discussione deve in realtà rispondere a qualcosa di più ampio del semplice gesto dello Stato di metterci i soldi per salvare dei posti di lavoro (che di questi tempi non è comunque cosa marginale). Il ministro dell'Industria Adolfo Urso ha convocato le organizzazioni sindacali e vedremo che cosa ne sortirà.
Per ora rilevo che proprio Fim, Fiom e Uilm sembrano rammentare che ci sono non solo dei lavoratori da tutelare, bensì che Ansaldo è pure una carta che il nostro Paese può giocare nella cosiddetta transizione energetica. Se l'Italia decidesse il proprio futuro sull'energia, stabilendo dove vuole andare e come arrivarci, tutto diventerebbe più semplice. Il passaggio, però, sarebbe comunque complicato.
In questi giorni c'è chi ha contestato al governatore ligure Giovanni Toti di aver messo in imbarazzo Cdp per aver confermato la ricapitalizzazione di Ansaldo prima che il suo consiglio la deliberi. E via, siamo seri! Piuttosto, mi aspetto che Toti incalzi ulteriormente Cdp, il ministro Urso e il governo intero sul futuro di Ansaldo e di tutto il settore energetico italiano. Perché in ballo non c'è soltanto il domani di una pur importante azienda genovese, c'è una vera questione di Stato.