Sarà un one women show il lancio della campagna elettorale di Silvia Salis, che tutti aspettano a Genova per capire molto se non tutto di una campagna elettorale, che è in realtà già incominciata da tempo. La candidata inattesa, che si è inevitabilmente presa la scena per la novità assoluta che rappresentava, ha già mostrato molto di sé in più di due settimane, tra interviste, dichiarazioni, interventi quasi a tappeto sul territorio. Ma rimangono due grandi interrogativi che potrebbero essere sciolti anche dalla sua presentazione di domenica, nella quale, secondo le voci, non ci saranno assolutamente comprimari, ma solo lei sulla scena della grande sala ai Magazzini del Cotone nel cuore del Porto Antico.
Il primo è su come è veramente nata la sua candidatura e la sua decisione di presentarsi di punto in bianco in una sfida non certosecondaria perdiventare sindaco di Genova. Lasciamo stare la sua vocazione, la sua predisposizione, la sua aspirazione, il suo sogno perfino, a leggere qualche sua intervista di diversi anni fa, in epoca insospettabile. Questi ci stanno, ma poi ci vuole un innesco, un talent scout, o una talent scout, una forza politica, un leader o anche un gruppo o una occasione che trasformi quella predisposizione in una proposta vera. E qui non si sa, anche se molti ovviamente rivendicano nel centro sinistra il ruolo di avere intuito e quindi di avere proposto.
Renzi e il suo cerchio, compreso il consorte della candidata, Fausto Brizzi, gran cerimoniere delle Leopolde, regista di grido e la Lella Paita, la ligure renziana doc, parlamentare in supervista, a fianco dell'ex premier? Roberta Pinotti, grande ministro della Difesa, in quiescenza parlamentare ma sempre legata ai destini liguri e sensibile al suo territorio? Qualche gruppo economico con grandi interessi sulla Lanterna e deluso dall'andamento?
Non è un particolare secondario perché una candidatura così “improvvisa”, piovuta dal cielo, ha scritto qualcuno, deve avere per forza un padre o una madre, che non solo certificano, ma definiscono il tono e il sapore della discesa in campo.
Va bene la storia popolare e di sinistra della famiglia, vanno bene i valori custoditi in una splendida carriera di atleta e poi di dirigente sportiva al massimo livello. Ma non basta. Dubitiamo di avere risposte chiare dal palco dello show e non si piangerà per questo. La curiosità è il sale di questo mestiere e fa anche bene al suo esercizio quotidiano.
L'altro interrogativo è se avremo finalmente un quadro del programma della Salis, quella che Bucci chiamava la vision e chissà lei come la chiamerà e se capiremo il nocciolo di una sfida che ha bisogno di essere chiarita fino in fondo. Senza sapere bene quale è questa impostazione, al di là dei programmi in 10, 15, 20 punti, preparati dagli spin doctor, come Maurizio Conti, addetto al programma ( autore del saggio “Ma la Liguria è ancora una Regione del Nord”?) e prima dal lungo lavoro di tessitura del centro sinistra, fatto prevalentemente da Simone D'Angelo, segretario Pd, con i leader degli altri partiti e movimenti di quella che la destra chiama “Armata Brancaleone”, è difficile intuire a quale scontro assisteremo, dopo tanti fuochi artificiali di questi mesi.
Genova è in mezzo a un guado pericolosissimo, di tante opere grandi e piccole incominciate, alcune finite altre no, di tanti passaggi delicati di una trasformazione che dura da decenni e di una accelerata finale nella quale sono piovuti decine di miliardi che nessun governo genovese o ligure aveva mai avuto e che sono stati distribuiti in una raffica di interventi un po' in tutta la città.
Ma che l'hanno anche riempita di cantieri, di interventi "pesanti" e leggeri. Oggi arrivano a Genova i cavi sottomarini delle grandi connessioni internazionali strisciando sui fondali più perpendicolari della costa italiana, si incide il territorio da Ponente a Levante, nelle valli interne ci sono cambiamenti epocali promessi e chissà se mantenuti come lo Skymetro, ma ci sono anche cattedrali nel deserto ( o quasi) come il centro storico semiabbandonato allo spaccio e alla diffusione della droga letale di questa ultima generazione, ci sono quartieri storici come Sampierdarena, la ex Manchester d'Italia, dove la sicurezza dei cittadini crolla e i disagi crescono, o come Multedo dove i depositi chimici sono ancora in mezzo alle case, malgrado gli sforzi di spostarli, ci sono monumenti della storia cittadina come la Loggia dei Mercanti, che giace impacchettata da anni e che doveva diventare il simbolo della ricostruzione storica della Repubblica da mostrare alle ondate dei turisti che sbarcano a migliaia dalle navi da crociere, tanto grandi da rimpicciolire le banchine della Stazione Marittima.
In questo terremoto si formano i famosi comitati che Bucci e ora Picciocchi chiamano la Genova dei no e che si oppongono alle operazioni tranchant sul territorio, come la costruzione dei grandi cassoni, alti trenta metri, che si calano in mare per alzare la Superdiga e che avviene pesando su territori che da decenni sono colpiti, ai quali hanno cancellato le spiagge, il mare, sostituendoli con fabbriche enormi come l'Italsider-Ilva, il cui destino ora è incerto, dopo che la loro presenza ha modificato la città e la sua vita nel secolo Novecento, con i rischi ambientali e con la
distruzione urbanistica.
Il riequilibrio è a metà, ondeggia tra la vision da lancio mondiale di Bucci e le infrastrutture sociali, che si intravvedono nel piano di
Salis. Mentre l'erede designato, Pietro Picciocchi, candidato dal centro destra, cerca di sterzare il suo piano verso l'interno della città, per intercettare quei disagi, quelle difficoltà della gente, quella necessità della cura urbana, che culminano con la tragedia dell'11 marzo quando in una piazza centralissima di Genova una palma si abbatte al suolo dopo essere stata per anni sotto osservazione e uccide una donna che passava per micidiale coincidenza.
Bisogna preferire le grandi opere o “curare” la città nei suoi dettagli, migliorandone lo stato fisico, i servizi alle persone e quelli al funzionamento urbano, con un traffico esploso tra i cantieri e le autostrade in perenne ristrutturazione. Picciocchi risponde da avvocato che le grandi opere fanno prosperare la città e, quindi, la mettono in condizione di apprestare migliori interventi più” piccoli”, più minuti.
La Salis ha le sue idee e le sta per mostrare, cercando probabilmente un equilibrio complicato che investe non certo solo lei, ma gli alleati della sua maggioranza extralarge, che per ora appaiono come abbagliati dall'apparizione della nuova stella, ma poi si faranno sotto. Ma ci sono due mesi abbondanti di vera campagna elettorale vera, ora che il governo ha fissato per il 25 e 26 maggio la data fatidica e previsto il ballottaggio, più che probabile, per il 9 giugno.
Allora si vedranno in modo chiaro le posizioni sul campo, comprese quelle dei candidati “minori”, ma insidiosi, come l'avvocato Filippo Biolè, che corre in una sinistra civica liberal socialista, che raduna consensi in un mondo trasversale da non
sottovalutare.
E si fermerà, speriamo, lo spettacolo non certo esaltante dei “salti della quaglia” tra una partito, una lista civica, una coalizione e
l'altra. Spettacolo oramai quotidiano e quasi imbarazzante, se non fosse la dimostrazione plateale del crollo dei principi base dei
partiti, dei loro radicamenti, delle storie e dei valori. Quel che conta ora è il leader. È lui che attrae, promette successo
e sopratutto visibilità se ti affianchi e allora alle ortiche le vecchie scelte, si salta sull'altro carro. Ieri era Bucci la calamita, ora è
indubbiamente la Salis, aspettando, però, che finisca il suo show...
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