GENOVA-Si può davvero condannare la gente alla cancellazione di Dostoevskij di fronte all'aggressione dell’Ucraina? E al ripudio della musica sublime diretta da Valerij Abisalovic Gergev reo di essere compagno di classe di Putin? O alla voce della Netrebko? È ragionevole diventare russofobi tout-court, senza distinzioni tra la follia di un dittatore e il suo immenso popolo? E è giusto, sì uso volutamente il termine "giusto", che a Genova si cancelli un evento teatrale su Dostoevskij perché patrocinato anche dal consolato russo?
Per me no. La guerra va ripudiata e la cultura serve anche a realizzare questa operazione. Avremmo dovuto rinunciare ai grandi romanzieri americani degli anni Cinquanta perché i marines di Johnson avevano occupato il Vietnam? O alla letteratura francese quando i bombardieri di Sarkozy e di altri paesi, ancorché autorizzati dal consiglio di sicurezza dell’Onu, nel 2011 tempestarono la Libia del dittatore Gheddafi? Per me no.
Quindi a Cechov non rinuncerò. Non rinuncio a Cechov per colpa di Putin. Non rinuncio alla sua immensa cultura e soprattutto al suo amore per Genova. Ricordate il breve dialogo ne "Il Gabbiano"? Quando Medvedenko chiede al dottor Dorn quale città del mondo preferiva? E Dorn risponde: "Genova….C’è una meravigliosa folla nelle sue strade. Quando esci la sera, dall’albergo, sono tutte gremite di gente. Ti muovi in mezzo alla folla senza una méta, su e giù, a zigzag, vivi della sua vita, ti fondi con essa psichicamente e cominci a credere che in realtà sia possibile un'unica anima universale…".
I russi sono una cosa. La maggioranza, la stragrandissima maggioranza dei russi, molti del quali oppressi e senza libertà, senza la libertà di un gabbiano magari visto volare proprio a Genova quando Cechov vi soggiornò brevemente nel 1894, sono una cosa molto diversa dai capi del Cremlino.
Come fece Cechov visitate il cimitero di Staglieno e passate nel campo dei partigiani davanti alla tomba di un uomo che a trentasei anni morì per noi, per difenderci dai nazisti. Si chiamava Fiodor Poletaev, era nato a Gorlowo in Russia nel 1909. Morì ucciso da una fucilata al collo a Cantalupo vicino Alessandria. Combatteva con i partigiani della Pinan Cichero lui sergente dell’Armata Rossa. Lo chiamavano il gigante Fiodor per la sua stazza. Ha avuto la medaglia d’oro al valor militare. Insomma, si è fatto ammazzare anche per noi genovesi.
Con Putin non ha nulla che fare. Come Anton Pavlovic Cechov. Le sue parole aiutano sempre. Anche con la guerra in faccia.