Ciclicamente, qua e là per l'Italia vien fuori una storia come quella che in questi giorni sta agitando Imperia: un amministratore locale pizzicato a prendere una mazzetta da un imprenditore. Immantinente si sottolinea il livello troppo alto della corruzione nel nostro Paese e si grida alla necessità di correre in qualche modo ai ripari.
Sono lacrime di coccodrillo. Mentre nel capoluogo del ponente ligure ci si interroga se Luigino Dellerba, beccato appunto mentre intascava una bustarella da duemila euro, possa essere un novello Mario Chiesa in salsa imperiese (a Milano, l'allora presidente del Pio Albergo Trivulzio diede il via alla valanga che travolse la Prima Repubblica), nessuno, ma proprio nessuno, si preoccupa del fatto che passano i decenni e non si interviene sui meccanismi che possono produrre la corruzione.
A Imperia, ma si potrebbe trattare di qualsiasi altra città italiana, è accaduta una cosa molto semplice: Dellerba, sindaco di Aurigo, paesino di poche anime dell'entroterra, consigliere provinciale e scajolano da sempre, per anni presidente provinciale degli arbitri di calcio, ha assegnato direttamente dei lavori all'imprenditore Vincenzo Speranza, intascando per questa ragione una "cagnotta".
La vicenda, consumatasi nel piazzale della Prefettura, il cui palazzo ospita anche la Provincia, ha riportato alla ribalta il fenomeno degli appalti "sotto soglia", cioè di un importo tale da poter sfuggire alle regole, più rigide ma anche farraginose, della gara d'appalto.
Ora, sapendo che l'accaduto può... accadere, basterebbe un accorgimento facile facile: si stilano degli albi con i nomi delle imprese che hanno i requisiti per fare certi lavori e quando bisogna ricorrere agli affidamenti diretti si va a turno. Cioè: prima io, poi tu, poi un terzo e avanti così, fino a esaurire il giro e, quindi, ricominciare daccapo.
Tutte le aziende lavorano, i favoritismi, e le relative mazzette, diventano impossibili. E se una impresa decidesse che l'importo dei lavori è troppo esiguo, nessun problema: può rinunciare, ma in tal caso finirebbe in fondo alla lista, perché anche le piccole opere vanno realizzate.
È più complicato a dirsi che a farsi. E dunque, perché non si fa? Io la risposta non ce l'ho. Meglio, non ce l'avrei. Se, invece, proprio devo darla, allora mi tocca pensare che i politici non vogliono rinunciare al potere, che è anche quello di far avere dei lavori.
Non necessariamente devono "riscuotere", ma certo in termini di consenso e di sostegni collaterali è un bel vantaggio poter decidere di assegnare dei lavori a tizio piuttosto che a caio. Quando la cosa va oltre le righe, di solito sono gli altri imprenditori a incazzarsi. Sembra sia accaduto anche questa volta, nel caso di Vincenzo Speranza.
Del resto, sono molteplici i meccanismi ai quali bisognerebbe mettere mano. Un sistema molto in voga è, ad esempio, quello dell'impresa che assegna la direzione lavori nel Comune Pinco al dirigente del Comune Palla, il quale poi si sdebiterà facendo in modo che la stessa impresa ottenga un lavoro nel Comune di cui è dipendente.
Dal punto di vista giudiziario è molto difficile dimostrare questo tipo di corruzione. Ma, anche qui: che cosa impedisce di varare una norma che vieti al dirigente pubblico di assumere incarichi da privati?
In tutte le cose, e in questa ancor di più, è solo una questione di volontà politica. Anzi di volontà tour court. Se davvero si volesse combattere la corruzione si metterebbero in essere tutti gli accorgimenti necessari. Invece, niente. Quindi, bisogna solo aspettare il prossimo episodio.