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Cronaca

Sono 46 le persone indagate, 10 invece le posizioni archiviate
1 minuto e 23 secondi di lettura
di R.P.

GENOVA - La procura di Genova ha chiuso le indagini per il filone bis nato dopo il crollo del ponte Morandi, riguardante i falsi report sullo stato dei viadotti, le barriere antirumore pericolose e il crollo della galleria Bertè in A26 il 30 dicembre 2019. 

Sono 46 le persone indagate, 10 invece le posizioni archiviate. Le accuse, a vario titolo, sono falso, frode, attentato alla sicurezza dei trasporti, crollo colposo. A settembre il giudice per l'udienza preliminare Matteo Buffoni ha accolto il patteggiamento di Aspi e Spea: poco più di 600 mila euro per Autostrade per l'Italia, per Spea 490 mila (LEGGI QUI).

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Tra gli indagati l'ex ad Giovanni Castellucci, gli ex numeri due e tre di Aspi Paolo Berti e Michele Donferri Mitelli e Stefano Marigliani, ex direttore di tronco. Archiviato invece Mirko Nanni, direttore del primo tronco: secondo gli investigatori della guardia di finanza, coordinati dai pm Stefano Puppo e Walter Cotugno, i tecnici di Spea ammorbidivano i rapporti sullo stato dei ponti per evitare i lavori. Era stato scoperto, inoltre, che le barriere fonoassorbenti montate su alcuni tratti autostradali erano difettose e si erano staccate causando problemi agli automobilisti.

Uno degli indagati aveva anche detto al telefono che erano "attaccate con il Vinavil". Il 30 dicembre 2019 era invece crollata una parte della volta della galleria Bertè, in A26. Si erano staccate quasi due tonnellate di cemento che per fortuna non avevano colpito nessuna auto. Anche in questo caso la procura aveva scoperto che i controlli non venivano fatti in maniera adeguata. Le due società Aspi e Spea sono uscite dall'inchiesta dopo avere patteggiato per questo filone circa un milione.

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