GENOVA - "Per valutare la sicurezza di un ponte non si fa la media. Secondo noi non serve a nulla andare a vedere i lati degli stralli che non si sono rotti, non porta a nulla". È quanto detto, in sintesi, dal pubblico ministero Walter Cotugno nel corso dell'udienza per il crollo del ponte Morandi il 14 agosto del 2018.
Oggi la procura ha spiegato perché secondo loro una nuova perizia sui reperti mai analizzati, chiesta la settimana scorsa dall'avvocato Massimo Ceresa Gastaldo, sarebbe inutile.
"Non esiste uno stato generale di conservazione - ha detto il pubblico ministero - in particolare modo per la valutazione della sicurezza". L'accusa ha anche ritenuto irrilevanti diversi testi citati dalle difese: dal mental coach di Paolo Berti, ex numero due di Aspi, passando per professori universitari, consulenti e commercialisti.
Ponte Morandi, in tribunale a Genova riprende il processo - LA NOTIZIA
All'udienza di oggi è stato comunicato al tribunale che uno degli imputati è morto. Sì tratta di Stefano Chini, ex responsabile dell'attività ispettiva di Anas. Sono così diventate 58 le persone imputate tra ex dirigenti di Autostrade e Spea (la controllata che si occupava delle manutenzioni) e tecnici, ex e attuali dirigenti del ministero delle Infrastrutture e del provveditorato delle opere pubbliche.
Nell'ultima udienza la difesa degli imputati ha chiesto nuove perizie sulle macerie della pila nove dove il ponte è collassato per dimostrare che l'acciaio della struttura era deteriorato e il progetto dell'ingegner Morandi realizzato male.
I due pm dell'accusa Terrile e Cotugno invece chiedono di ascoltare i 176 testi e presentano un dossier di 1331 documenti e foto e video che proverebbe come la corrosione era stata accertata dagli anni '90 e il crollo senza un'adeguata manutenzione inevitabile.
L'udienza proseguirà domani mattina.