GENOVA -Non è facile neppure per il supergenetista Emiliano Giardina risolvere il giallo infinito di Nada Cella, la segretaria uccisa all'età di 24 anni nel suo ufficio di via Marsala, a Chiavari, il 6 maggio del 1996 da un assassino ancora senza nome.
L'esperto in Dna a inizio novembre ha chiesto l'ennesima proroga delle indagini scientifiche sulla comparazione dei codici genetici. La prossima scadenza è ora quella gennaio 2023, ossia un anno in ritardo sulla prima data in cui si sperava di avere i primi responsi sulle comparazioni dei reperti rinvenuti sulla scena del delitto con il codice genetico dell'indagata Anna Lucia Cecere, l'unica sospettata e iscritta sul registro degli indagati per la seconda volta per il delitto dopo essere stata indagata già nel 1996 e poi sbrigativamente archiviata dal pm di allora Filippo Gebbia.
Un delitto irrisolto, quello di Chiavari, come si ricorderà riaperto dopo 25 anni dalla criminologa barese Antonella Pesce Delfino capace di scovare un particolare delle indagini svolte allora dai carabinieri e mai comunicato alla polizia titolare dell'inchiesta: nell'abitazione di Chiavari della Cecere erano stati trovati bottoni uguali a quello rinvenuto sulla scena del delitto dalla scientifica.
L'indagata, appunto Anna Lucia Cecere, è una ex insegnante che subito dopo è delitto si è rifatta una vita lontano dal Tigullio, in Piemonte, a Boves (Cuneo): la donna ai poliziotti che l'hanno convocata per il prelievo del dna ha negato di avere ucciso la segretaria negando anche l'altra illazione che volesse prendere il posto di Nada nell'ufficio e nel cuore di Soracco, il commercialista titolare dello studio dove lavorava la vittima, che però ha sempre smentito le voci che dicevano che si era invaghito della segretaria.
Ad indicare una donna che il giorno del delitto si era allontanata sporca di sangue dal palazzo di via Marsala come possibile assassino di Nada erano state anche due telefonate anonime inviate in uno studio di un avvocato di Chiavari e a casa di Soracco, il primo a finire sul registro degli indagati per il delitto, anche lui poi archiviato e alla riapertura del caso di nuovo indagato, stavolta per favoreggiamento, perché a detta della squadra mobile avrebbe negato il suo rapporto stretto con Cecere.
Telefonate rimaste anonime nonostante i reiterati appelli della mamma di Nada Cella e della procura di Genova titolare dell'indagine.
Un giallo, insomma, quello di via Marsala, infinito e sempre più aggrovigliato che si sperava potesse essere risolto con la riapertura del caso grazia alla criminologa e soprattutto grazie alla scienza di Giardina, il mago dei genetisti, lo specialista che con il dna ha scovato l'ignoto numero uno, Massimo Bossetti, l'assassino della ragazza Yara Gambirasio.
Un super esperto, Giardina, che però davanti a un'indagine vecchia di ventisei anni e con tanti errori commessi in passato appare in difficoltà.
La riprova nel fatto che all'inizio dell'indagine alle telefonate del cronista Giardina rispondeva con grande disponibilità, mentre adesso, dopo quasi un'anno di indagini senza risultati, invece il cellulare squilla a vuoto.
La speranza è che questo comprensibile silenzio non celi il nulla ma nasconda invece la comprensibile necessità di mantenere il riserbo assoluto su possibili risultati che potrebbero portare finalmente al nome dell'assassino, o dell'assassina, di uno degli omicidi irrisolti più importanti della Liguria e dell'Italia intera.