GENOVA -Un mese e mezzo di analisi e comparazioni non sarebbero servite al genetista Emiliano Giardina per trovare una prova regina contro Anna Lucia Cecere, l'unica indagata per il delitto di Nada Cella, segretaria di 24 anni uccisa il 6 maggio del 1996 in un ufficio di via Marsala a Chiavari.
I risultati degli accertamenti genetici sono stati consegnati da oltre una settimana al magistrato Gabriella Dotto titolare dell'inchiesta bis, un cold case riaperto grazie a un particolare nuovo rinvenuto dalla criminologa pugliese Antonella Delfino Pesce, capace di accorgersi a 25 anni di distanza che nessuno aveva detto ai poliziotti titolari delle indagini che i carabinieri avevano trovato nella casa dell'imputata (anche allora sospettata e poi archiviata) bottoni simili a quello rinvenuto sulla scena del delitto.
Per questo la donna, ora abitante in provincia di Cuneo, nel 2021 è stata di nuovo indagata per l'omicidio e sono state avviate comparazioni fra il suo dna e il codice genetico rilevato sui reperti sequestrati sulla scena del delitto.
Esami affidati a un luminare della genetica come Giardina che ha faticato ad arrendersi, tanto da chiedere più volte proroghe per arrivare a dare un nome all'assassino.
Alla fine dopo un anno e mezzo ha inviato i risultati del suo lavoro al pm Dotto, che però non li ha mai svelati. Idem il procuratore Piacente che ha detto che è ancora presto per conoscere la verità sul delitto irrisolto di Chiavari.
Dagli inquirenti però filtrano notizie diverse, spifferi, indiscrezioni che raccontano di un'indagine senza quasi più sbocchi. Probabilmente, fra pezzi di codice genetico e altri indizi raccolti dalla sezione omicidi della mobile, ci sono gli elementi per rinviare a giudizio l'indagata, ma - è convinzione di molti - con un ritardo di oltre 25 anni la donna, innocente sino a prova contraria, difficilmente potrà essere condannata.