GENOVA - "C'erano sotto l'intero il viadotto del Morandi una fitta rete di acciaio di recinzioni per impedire che eventuali pezzi di calcinacci di calcestruzzo ptesse cadere nell'area sottostante. Non avevamo paura di lavorare lì sopra"
A raccontare del degrado del viadotto Polcevera in aula al processo Morandi è stato il primo teste dell'udienza, Mauro Salvatore, un tecnico di Autostrade per l'Italia, che in qualità responsabile dell'area tecnica della tratta della A10 fra Genova e Savona dalla sede distaccata di Arenzano si occupava di monitorare anche personalmente il ponte crollato nel 2018 e il lavoro svolto dalle ditte esterne nell'installazione anche delle recinzioni di protezione.
Il tecnico poi svelerà a Primocanale: "Quanto crollò il Morandi ero in casa e mi dovette trattenere agli stipiti della cucina
Il teste ha detto anche che durante il lavoro capitava agli addetti dell'ufficio capitava di camminare nella pancia dell'impalcato e di non avere mai avuto paura che potesse cedere, perchè delle vere condizioni della soletta dell'impalcato hanno appreso solo dopo il crollo.
Incalzato dal pm Cotugno Salvatore ha ha confermato che nelle parti più degradata del Morandi spuntavano ferri esterni arrugginiti che sino ad allora non venivano protetti con una speciale vernice anti passivante, protezione invece utilizzata dopo il crollo del Morandi. Per installare le recinzioni per evitare di chiudere una delle due corsi si usavano i by bridge, i pontoni agganciati alla viadotto, o a volte delle piattaforme, in un caso anche un mezzo lungo 105 metri posizionato in via Fillak capace di raggiungere le sommità delle antenne delle pile del Ponte. Il teste ha riferito anche che non aveva mai notato che le reti venissero rimosse in seguito a lavori di manutenzione svolti nella zona del ponte ammalorata.
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