GENOVA - "Alle riunioni di induction del 2010, compresa quella di settembre, non sentii parlare di rischio crollo. Io però mi occupavo delle nuove opere e non stavo tutto il tempo ma solo per la parte di mia competenza". A dirlo in aula, nel corso del processo per il crollo del ponte Morandi (14 agosto 2018, 43 vittime) è stato Gennarino Tozzi, all'epoca direttore Sviluppo nuove opere di Autostrade per l'Italia.
Il giorno prima era stato Gianni Mion, l'ex numero uno di Edizione, la holding della famiglia Benetton, a dire che in uno degli incontri "i tecnici avevano spiegato che il Polcevera aveva un difetto di progettazione e che c'erano delle perplessità sul fatto che potesse restare su. Anche se nessuno pensava che crollasse".
Sulle dichiarazioni di Mion è intervenuto anche il presidente di Regione Liguria Giovanni Toti che ha detto che quanto raccontato da Mion è "sconcertante" (Leggi qui).
Ma non solo. Le parole dell'ex braccio destro dei Benetton Mion sono arrivate anche all'Europarlamento dove il Cinque stelle Fabio Massimo Castaldo ha commentato: Se quanto raccontato da Gianni Mion, ex Ad della holding dei Benetton Edizione, fosse confermato, sarebbe molto grave. Una testimonianza umiliante che equivale all'ennesimo schiaffo in faccia per le vittime e i loro familiari. Questa ferita continua tristemente a sanguinare".
Per la difesa però "Gianni Mion è inattendibile". Il giorno dopo il terremoto scatenato dalle dichiarazioni dell'ex numero uno di Edizione, la holding della famiglia Benetton, le difese degli imputati nel processo per il crollo del ponte Morandi, lo attaccano e smontano quanto da lui detto dentro e fuori dall'aula.
Tozzi è stato sentito in particolare su una riunione del 10 novembre 2010 del Comitato di completamento lavori di Aspi nel corso della quale lesse alcune slide che sintetizzavano una relazione di Spea, la società controllata che si occupava delle ispezioni e manutenzioni. In quelle slide si diceva che il Morandi "era sotto costante monitoraggio e che lo stato di conservazione in quel momento non evidenziava problemi strutturali". Ma parlare del viadotto Morandi nel corso di quella riunione "era una cosa che aveva poco senso in quella sede. È stato un argomento eccezionale - ha sottolineato Tozzi - perché in quel comitato non si parlava di opere già esistenti ma di stato di avanzamento delle nuove opere".
"Me lo chiese forse Castellucci di parlare del ponte in quella riunione, forse era emersa l'esigenza in una precedente riunione di induction". Nel corso dell'udienza Tozzi, a domanda dei legali di Castellucci e delle parti civili, ha spiegato anche che era stata contemplata l'ipotesi "di demolire il ponte perché necessario alla realizzazione della Gronda autostradale e non per problemi di manutenzione".
IL COMMENTO
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