GENOVA -"In una riunione del 2010 emerse che il ponte era a rischio crollo per un errore di progettazione. Mi dissero "ce la autocertifichiamo. Non dissi nulla e mi preoccupai. Ma non feci nulla, è questo il mio grande rammarico".
E' il pomeriggio del 22 maggio 2023, sotto la tensostruttura dove si celebra il processo sulla tragedia del Morandi a mostrare chiari segni di disagio è Gianni Mion, il cassiere dei Benetton e di Atlantia.
Mion fa riferimento a una riunione del 2010, otto anni prima del crollo, a cui parteciparono l'Ad di Aspi Castellucci, il direttore generale Mollo e Gilberto Benetton.
Davanti ai giornalisti si giustificherà così: "Forse ho avuto paura di perdere il posto di lavoro".
Al primo anno di processo sulle tragedie del 14 agosto 2018 costata la vita a 43 persone in scena è andata la via crucis dei sopravvissuti, ma anche una sfilata di tecnici smemorati o che dicevano il contrario di quanto già riferito al primo interrogatorio.
Alla sbarra 58 imputati, i vertici di Autostrade per l'Italia e di Spea che avrebbe dovuto controllare Aspi ed invece era controllata dal boss di Aspi Castellucci, il dominus di tutti e di tutto.
Iniziato il 7 luglio 2022 sino ad oggi, sino alla pausa estiva di pochi giorni fa, in aula sono sfilati 150 testi dell'accusa.
Molti i big, due ex ministri, Graziano Delrio, dopo l'udienza incalzato dalla vedova di una vittima, e l'ex magistrato di mani pulite Antonio Di Pietro, che quando si è trovato davanti dall'avvocato dei familiari delle vittime Raffaele Caruso ha chiesto scusa a nome dello Stato. E poi il senatore Maurizio Rossi, editore di Primocanale, che prima del crollo nel 2015 e nel 2016 aveva fatto due interrogazioni al ministro Delrio per chiedere delle condizioni del Morandi senza però ricevere nessuna risposta.
Per un'altra giornata cruciale del processo bisogna amdare indietro, al 6 febbraio 2023.
In aula l'ingegnere Paolo Rugarli, carta a sorpresa dell'avvocato Raffaele Caruso che difende le parti civili Bellasio e Possetti.
Grazie a Rugarli in aula è convocato un altro teste molto importante: l'ex allievo di Morandi, Emanuele Codacci Pisanelli (nella foto in altro a destra) che viene ascoltato il 29 marzo. Lui racconta che dopo avere preso parte negli anni '90 ai lavori di rinforzo della pila 11 del viadotto venne estromesso da due imputati, Gabriele Camomilla e Michele Donferri Mitelli. La sua colpa: aver suggerito trent'anni prima del crollo di effettuare gli stessi rinforzi anche sulle pile 9 e 10. Rinforzi che avrebbero evitato la tragedia.
Il processo agli assassini del Morandi riprenderà l'11 settembre con la richiesta dei risarcimenti di Comune di Genova e Regione Liguria. Poi toccherà a 22 dei 58 imputati, fra cui i big Castellucci e Donferri Mitelli, e ai loro testimoni, circa 400, troppi.
Per questo il presidente del collegio giudicante Paolo Lepri potrebbe tagliarne molti. Il rischio è la prescrizione per alcuni reati.
E allora tornano in mente le parole, quasi un'amara profezia beffarda di Mion: "Non è detto che la giustizia trionfi sempre...".