GENOVA -Alle lacrime di Silvana Smaniotto, madre di Nada Cella (nella foto a sinistra), che dice "spero che si arrivi a una conclusione, alla verità, è ora che qualcuno paghi, io pago da ventisette anni, è ora che paghino gli altri perché mia figlia non si è ammazzata da sola", si frappone il silenzio, dalla sua casa di Boves, a Cuneo, dell'accusata Anna Lucia Cecere che per il pm Dotto è l'assassina e che i giudici hanno deciso dovrà essere processata per l'omicidio di Nada, la segretaria ammazzata il 6 maggio del 1996 nello studio di lavoro di via Marsala a Chiavari.
Sono ovviamente diverse le reazioni alla svolta annunciata annunciata, ma non scontata, del rinvio a giudizio di Anna Lucia Cecere (nella foto a destra) per il delitto Cella e la simultanea richiesta di processo anche il commercialista Soracco e la madre Marisa Bacchioni. La prima udienza dovrebbe essere stata fissata per metà febbraio 2014.
Per Cecere parla il suo avvocato, il chiavarese Gianni Roffo che si limita a dire solo: "Non ha ancora letto gli atti, non ho niente da dire".
E' molto amareggiato invece il commercialista Marco Soracco, datore di lavoro della vittima, già finito sotto accusa nel 1996 come presunto autore del delitto e poi archiviato, e ora rinviato a giudizio insieme all'anziana mamma, per favoreggiamento dell'indagata.
"E' tutto assurdo, che motivo avevo di proteggere una donna che conoscevo appena?" sbotta Soracco, che sarebbe finito nei guai per una prova rinvenuta nell'ultima tranche delle indagini della polizia.
Su Soracco la mamma di Nada è però dura: "Dice di non avere favorito quella donna ma aveva detto anche di non conoscerla, e invece la conosceva".
Commossa è Antonella Delfino Pesce, la criminologa barese che due anni fa ha reso possibile la riapertura del caso mettendo insieme le indagini svolte dai carabinieri con quelle della polizia, "voglio ringraziare tutti, dagli poliziotti al procuratore Gabriella Dotto, ma anche all'ora procuratore Cozzi che ha agevolato la riapertura del caso" dice, preannunciando il suo arrivo a Chiavari per abbracciare la mamma di Nada.
La criminologa in questo giallo infinito ha svolto il compito che dal giorno dell'omicidio era del pubblico ministero di allora Filippo Gebbia, il magistrato che, si è scoperto dopo 25 anni, con le sue tante omissioni, si spera in buona fede, allora favorì la presunta assassina, indagata poche settimane dopo il delitto, ma sbrigativamente archiviata nonostante avesse in casa dei bottoni uguali a quello trovato sulla scena del delitto e che più testimoni videro davanti al palazzo subito dopo il delitto.
Il magistrato e gli inquirenti nel rivisitare punto per punto l'inchiesta 25 anni dopo hanno convocato e riascoltato tanti testimoni, dai dirigenti di polizia del commissariato di Chiavari e della squadra mobile agli inquilini del palazzo di via Marsala, ma non hanno invece, almeno sino a poche settimane fa, mai pensato di convocare il pm di allora, Gebbia, appunto, adesso in pensione, che pure di cose da chiarire ne avrebbe molte.