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Cronaca

Il segretario delle Camere Penali italiane: "Senza attività spazi e attività trattamentali è difficile la convivenza nei nostri istituti ormai simili a quelle del terzo Mondo. Servono fondi ma i detenuti sono dimenticati dai pensieri di chi governa"
3 minuti e 28 secondi di lettura
di Michele Varì
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GENOVA - "Con le carceri in queste condizioni oggi ci tocca svolgere una ulteriore funzione di attenzione rispetto alla sofferenza dei detenuti per colmare anche le difficoltà della magistratura di sorveglianza e far fronte alle condizioni di vita in cella inadeguate per un paese civile".

Lo ha detto a Primocanale Rinaldo Romanelli, avvocato genovese segretario nazionale dell'Unione Camere Penali, alla manifestazione contro i troppi suicidi nelle carceri italiane svolta ieri davanti al tribunale di Genova: "Lo Stato dovrebbe garantire la dignità della persona anche all'interno delle carceri - spiega Romanelli - lo dice la Costituzione, non solo per la finalità di educativa della pena ma anche per la dignità dell'uomo che è garantita a tutti dall'articolo 2 della Costituzione e dovrebbe esserlo ancora di più per chi lo Stato trattiene contro la sua volontà all'interno di una struttura che dovrebbe garantire che almeno diciamo le condizioni fondamentali essenziali di vita siano quelle che dovrebbe vivere un uomo".

"Oggi invece le nostre carceri sono più simili a quelle che potremmo trovare in Paesi del terzo mondo"

Romanelli alla domanda su come sono cambiate negli ultimi decenni risponde: "Sono così da tanti anni, sono sempre state così purtroppo, nel dimenticatoio di tutta la società civile. Perché si vuole dimenticare quello che c'è nelle carceri, quello che però si sta verificando adesso è che ci sono dei numeri, un sovraffollamento, che rende ancora più impossibile ogni attività trattamentale all'interno delle carceri. Quindi è impossibile ogni finalità concreta di rieducazione della pena e fa vivere i detenuti in condizioni assolutamente inumane, noi in Italia abbiamo dei numeri, 400 accessi in più ogni mese al carcere, un sovraffollamento che ormai è prossimo al 130% a livello medio, poi ovviamente ci sono dei picchi che sono drammatici, picchi che sono drammatici come quelli del carcere di Opera a Milano dove si arriva al 240 per cento e poi bisogna considerare che questo è un dato medio. Ci sono delle sezioni, quelle diciamo di media sicurezza, che ovviamente sono molto più sovraffollate, e altre che ci dicono che stiamo arrivando ai dati di sovraffollamento che hanno nel 2010 portato la condanna dell'Italia in Europa per la famosa sentenza Torreggiani e con la quale abbiamo fatto una brutta figura in tutto il mondo".

"Siamo stati condannati - spiega meglio il legale - perchè i nostri detenuti erano custoditi in condizioni inumane e degradanti proprio per il sovraffollamento, e ora stiamo tornando a quei livelli. Marassi è un carcere grosso, quindi per quanto si facciano molti sforzi è tutto difficile. Noi abbiamo fatto una visita anche ieri e abbiamo lungamente parlato con la direttrice e con il comandante della polizia penitenziaria, abbiamo potuto apprezzare che loro cercano di fare il possibile, ma è un carcere che ha moltissimi problemi, i più derivanti fondamentalmente dal sovraffollamento che non consente di poter fare delle attività in qualche modo trattamentali e rieducative, è chiaro che tenere una persona chiusa in cella senza consentirle di fare nulla per poterla rieducare ha un effetto da pentola a pressione, cioè fa scoppiare tutta una serie di problemi che non ci sarebbero se invece ci fossero gli spazi e il personale per fare quello che il carcere dovrebbe fare, rieducare".

"Noi avvocati cerchiamo anche di stare molto vicini alle persone che sono in questa condizione di difficoltà anche dal punto di vista umano, psicologico, insomma la funzione dell'avvocato è una funzione importante per chi ha le pene brevi e per chi ha le penne lunghe, per chi è appena entrato in carcere molto spesso in una condizione psicologica molto difficile e per chi ha magari delle prospettive di avere un qualche aspetto di carattere premiale e vede che i tempi delle risposte della magistratura purtroppo sono molto lunghe. Anche la magistratura di sorveglianza è in grande sofferenza, non riesce a dare le risposte che dovrebbe. I soldi che sono arrivati dal piano nazionale di ripresa e resilienza per l'istituzione dell'ufficio del processo, per esempio, non sono stati destinati alla magistratura di sorveglianza che non ha questo tipo di aiuto e questo è un fatto profondamente sbagliato che indica una volta di più che il carcere viene dimenticato che è lontano dai pensieri di chi governa e di chi ha le disponibilità economiche per poter far fronte a questi problemi".

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